Il clima elettorale, le incaute trasmissioni televisive nelle quali si tenta di far capire cose complesse con il ricorso alle voci di politici faziosi mossi da un acceso spirito di campagna elettorale che fanno audience, le accuse al momento non ancora provate, le parole in libertà che ogni giorno si pubblicano su certa carta stampata che fiancheggia la politica senza severi approfondimenti stanno trasformando una vicenda bancaria frutto di un risiko in un disegno criminoso di cui non si sono ancora capite le origini, le ragioni di fondo, gli obiettivi truffaldini ed i destinatari dei vantaggi delle presunte attività illecite. Ciò che si tenta di far passare in maniera distorta è solo un aspetto: che ci sono responsabilità esterne ( politiche ) dietro ogni evento di gestione della Banca come se a guidarla in tutte le decisione ci sia stata solo la mano faziosa della politica di vicinanza prodiga, attraverso quelle operazioni, di sistematici e continui benefici diffusi a pioggia sul territorio. Le cose potrebbero non stare cosi; gli accertamenti della vigilanza (1 apri il link ) e della magistratura, che pure non aiuta alla comprensione quando ricorre a qualificazioni roboanti divenute conclusioni dei giornali, scopriranno leggerezze, operazioni avventate, incapacità gestionali, silenzi frutto della paura e degli errori, comportamenti tutti condotti con il solo obiettivo e la presunzione di sempre di rimanere soli e di dominare non il territorio ma lo spazio derivante dall’accreditamento di terza galassia bancaria italiana in una fase storica in cui altri molog avevano dovuto fare passi indietro perchè incapaci di mantenere una competizione divenuta dura e complessa. Siena si è sentita sempre migliore e più forte di Comit,Credito Italiano, di Banca di Roma etc etc banche che nel 1997 anno di redazione di un documento EBR ( European Banking Report ) figurano cosi: Cassa di Risparmio di Roma Holding al 30 posto, Cariplo al 33 , Credit al 34, Comit al 36, Nazionale del Lavoro al 40, Montepaschi al 51 con un attivo in $ di appena 85 miliardi. La prima banca della lista del Report EBR è la Dresdner con 536 miliardi di $.
Il Monte dei Paschi ha un peccato di origine, figlia delle decisioni della Fondazione e della sua territorialità: la Senesità non ha mai accettato matrimoni. L’orgoglio della nascita le ha fatto disdegnare abbracci ed innamoramenti; l’esperienza di circa 15 anni di evoluzione del sistema bancario sembra non aver insegnato nulla al management di quella azienda ed agli uomini di quella contrada. Una azienda bancaria che dalla lettura dei suoi bilanci al 2011 lascia trasparire una operatività lineare e semplice ed allo stesso tempo poco avvezza ad una più robusta opera di sostegno dell’imprenditoria, visto che nella sezione dell’attivo sono ben 82 i miliardi per mutui e molto meno i miliardi impiegati in operazioni che ne avrebbero tipizzato una indole più orientata al rischio ed alla vera bancarizzazione ( sono appena 79000 come si legge dai giornali qualificati i clienti del settore corporate ), probabilmente avrebbe fatto meglio a continuare a gestire depositi e titoli, come faceva da cassettista negli anni 80 e 90, e non ad imbarcarsi in sofisticate operazioni di finanza derivata per le quali sembrava non sussistessero neppure le misure organizzative ed informatiche atte a presidiarne i rischi, come è dato capire dalla lettura del severo documento della Banca di Italia e dalla lettura di stampa qualificata. In ciò sta la prima e vera responsabilità degli Organi di Governance ,tutti, nessuno escluso; nel non aver valutato la inadeguatezza della struttura organizzativa complessiva che avrebbe dovuto tenere a bada i nuovi rischi e le operazioni che non erano mutui ma ben altro. Questa si è una responsabilità seria, è una responsabilità tipica del management che disegna voli pindarici senza tenere i piedi saldi a terra; sarà però difficile che la vicenda abbia radici in un penale specifico ( associazione a delinquere, truffa) , figlia di una sorta di disegno criminoso, come si vuol far credere, che avrebbe protagonisti fuori, dentro, che si avvalevano di altri personaggi che facevano per mestiere operazioni dalle quali traevano utilità personali. Potrebbe anche emergere che si siano concretizzati, indirettamente, ritorni individuali ma non si potranno far derivare solo da queste specificità le ragioni della messa in piedi di operazioni che ora , mutatis mutandis, sono considerate truffaldine ma che forse qualche anno fa avevano una articolazione più lineare come tante, orientata a costruire una diversa dimensione dell’azienda facendo anche maquillages a bilanci non troppo brillanti. Chi ha letto il recente libro di Mucchetti si è fatta una idea delle vicende nazionali. Nel periodo in questione il prezzo degli sportelli era nella media di circa 8,8 miliardi ; Montepaschi acquista per 8,2 anche se Santander qualche mese prima li aveva pagati 6,5 e cioè meno della media. Per tutte le iniziative non lecite e non legittime per fortuna ci sono istituti penali specifici e previsioni di legge altrettanto chiare portatrici di finalità istituzionali miranti a tutelare la integrità del sistema bancario e finanziario e la difesa del risparmio.
Non si sta facendo, pertanto, un buon servizio al paese ed al sistema bancario italiano che è solido che non ha avuto i problemi degli altri nei quali la finanza l’ha fatta da padrona. In Italia non sono fallite banche, nè si sono registrati crack , come è accaduto in gran parte dei paesi Europei e in quello dello Zio Tom ove le banche sono cadute come birilli a centinaia. I peccati del nostro sistema bancario sono ben altri; pure ci sono stati e ci sono tuttora e pure qualche rischio lo hanno generato. Le nostre banche, quando sono diventate grandi, hanno eluso il sano principio del “poco a molti” sostituendolo con quello del “molto a pochi “, sovvenendo aziende e famiglie industriali talvolta con il risultato di perdite ingiustifcate ma non sino al punto da creare premesse disastrose. Hanno anche sostenuto poi, soffrendone le conseguenze, il debito pubblico ( circa 30 miliardi di titoli di Stato nel bilanco del Montepaschi sono ancora il retaggio da cassettista ) per ragioni diverse; ma non hanno esasperato la finanziarizzazione. Mediobanca ha di recente elaborato il peso dei derivati nei bilanci bancari europei; su un totale di 5853 miliardi di € di derivati attivi ne hanno accertatto solo 169 mila € in capo al San Paolo e all’Unicredit, pari cioè al 2,8% del complessivo delle banche Europee. In quelle Usa la cifra è di 4953 miliardi di $. Ed allora per concludere occorre dire: il Montepaschi attraverso una dirigenza non adeguata, pur di creare una massa critica di attivo e passivo da terzo polo bancario, per numero di addetti (più 10000 circa) e numero di sportelli (più 1000 circa), nel 2008 fa una operazione che al momento, l’unica possibile, è sembrata, pur con il rischio immaginabile ed immaginato, avventurosa ma anche piena di attese. Una serie di leggerezze tipiche dei manager che non hanno consapevolezza dei doveri verso la collettività ( si sentono dei padreterni ed intoccabili ) e verso i risparmiatori oggi li fanno apparire portatori di un disegno crimonoso ab ovo. In realtà è più probabile che dopo aver messo in piedi l’operazione e dopo essersi accorti delle “fesserie”, quella governace, per non essere scoperta ed anche per non far emergere errori e decisioni avventate, abbia proseguito sulla strada delle improvvida e negligente operazione di lifting del bilancio, confidando sulla consulenza degli uomini di finanza senza prevedere che dietro l’angolo Basilea 3 ed Eba avrebbero poi fatto una radiografia spietata, modificando le regole sul debito sovrano ed esasperando le criticità. Le perdite ora quantificate sullo specifico del risiko Ambroveneto valgono € 500 milioni; si aggiungono purtroppo ai bisogni di capitale per ricostituire il patrimonio di vigilanza e portano a 3,9 la richiesta dei Monti Bond ( di cui 1,9 per la sostituzione dei Monti Bond).
Ma qual’è il vero problema che le polemiche non devono aggravare e che la politica faziosa di chi vuol trarre vantaggio nella competizione elettorale, in maniera indegna di un paese civile, non deve esasperare ? Non tracimare tutto nel dubbio e nel sospetto e far trasparire nel paese e soprattutto all’estero, e solo per fini di campagna elettorale, che la banca sia sul punto di crollare; il che non è affatto vero anche se il progetto di risanamento richiederà impegni e sacrifici severi. Da oggi in avanti ci saranno scadenze di bond, sarà necessario contare su una raccolta che quanto meno non deve diminuire, sarà necessario portare avanti operazioni di aumenti di capitale, sarà necessario far camminare un piano industriale ( apri sotto i link con i documenti sociali ) che prevede un efficientamento doloroso di circa 8000 risorse in un arco di 5 anni. Per fare ciò non si deve minare la credibilità del nuovo management , la fiducia dei circa 6 milioni di clienti e la tranquillità di circa 30mila dipedenti che devono continuare a lavorare ancor di più , stringere i denti sapendo di non aver colpe e senza sentirsi minacciati. Il delicato equilibrio in queste fasi deve essere sorretto da fermezza di intenti e da solidarietà di sistema. Le cassandre e gli avvoltoi ad ogni costo che pur di trarre qualche vantaggio ne stanno facendo un cavallo di Troia si ricordino di altri casi che hanno lasciato sul campo lacrime e sangue e, una volta tanto, pensino al bene nazionale. La distruzione del sistema bancario del SUD di qualche anno addietro non ha, sotto sotto, contribuito a peggiorare i dati macroeconomici del mezzogiorno ? La politica antimeridionalista dal 92 in avanti che ha nomi , cognomi e paternità politiche all’epoca ha buttato a mare il bambino e l’acqua sporca. E’ bene non erigersi a giudici anzitempo. Poi quando arriveranno le decisoni e gli accertamenti finali, con le sanzioni e le sentenze, non mancheranno, come è già avvenuto proprio con la scalata Ambrovenento, le soddisfazioni per le punizioni morali , amministrative e penali che colpiranno manager sprovveduti e gli incauti controllori ( sindaci, società di revisione ) rei di peccati nostrani e di superficialità di provincia, per aver messo a rischio la tenuta del sistema per gli effetti “alone a cascata” che in simili contesti rischianno di sprigionarsi. Speriamo che questa ennesima lezione valga a far capire che non c’è più spazio per le iniziative spregiudicate e che occorre, come in economia, ritornare alla cura dei fondamentali ed abbassare il livello della finanza innovativa che, quando è buona e non spregiudicata, ha una sua ratio ed una sua utilità. Quando al contrario è solo strumentale ad altre finalità nel tempo chiede conto a chi la mette in piedi lasciando nella impunità chi la suggerisce e ne trae i maggiori guadagni. Che, guarda caso, sono tutti di origine anglosassone come le BANCHE E LE FINAZIARIE CHE LE alimentano.
http://www.bancaditalia.it/media/chiarimenti/INterventi-MPS/Interventi_MPS3.pdf
http://www.mps.it/NR/rdonlyres/706F93A4-CC58-4FB1-842D-31ED6825D8AD/54008/CS_Piano_Industriale_20112015.pdf
http://www.mps.it/NR/rdonlyres/A41CB51B-C6B6-4880-B2FD-AD1ED51672A8/63872/CSPianoIndustriale27062012ITA1.pdf
http://www.mps.it/Investor+Relations/Dati+di+Sintesi/2012+3Q.htm?pn=0
Autore: wp_2179898
Un commento a caldo, subito dopo le prescrizioni BCE di due anni fa, pubblicato a posteriori.
CIRCOLAZIONE e VITA RESIDUA DEL DEBITO PUBBLICO AL 30 settembre 2011. Fonte MEF Dipartimento TESORO
Al 30 sett 2011 | BOT | BTP | CCT | CTZ | |||||||||||||
2011 |
201,6 |
87,78 |
30,05 |
37,3 |
356,73 |
pil nel | Mildi € | debito | % | ||||||||
2012 |
92,7 |
121,6 |
25,8 |
46,2 |
286,3 |
2007 |
1546 |
1602 |
103,6 |
||||||||
2013 |
117,8 |
14,3 |
16,9 |
149 |
2010 |
1548 |
1843 |
119,8 |
|||||||||
2014 |
84,9 |
26,6 |
111,5 |
||||||||||||||
2015 |
101,8 |
16,97 |
118,77 |
con un tasso di crescita al 2% sarebbe stato on ogni caso cosi: | |||||||||||||
2016 |
50,85 |
14,8 |
65,65 |
nel 2010 | 1639 |
1843 |
112,4 |
||||||||||
2017 |
62,19 |
8,05 |
70,24 |
||||||||||||||
2018 |
47,9 |
9,8 |
57,7 |
||||||||||||||
2019 |
85,7 |
85,7 |
|||||||||||||||
2020 |
67,9 |
67,9 |
Fonte: Ministero dell’Economia e delle Finanze – | ||||||||||||||
2021 |
83,35 |
83,35 |
notifica del deficit pubblico inviato alla Commissione Europea ex Reg CE 3605/93 | ||||||||||||||
2022 |
3,8 |
3,8 |
|||||||||||||||
2023 |
52,29 |
52,29 |
|||||||||||||||
2024 |
0,66 |
0,66 |
|||||||||||||||
2025 |
19,2 |
19,2 |
|||||||||||||||
2026 |
28,4 |
28,4 |
|||||||||||||||
2027 |
26,03 |
26,03 |
|||||||||||||||
2029 |
27,4 |
27,4 |
|||||||||||||||
2031 |
29,8 |
29,8 |
|||||||||||||||
2033 |
15,45 |
15,45 |
|||||||||||||||
2034 |
21,4 |
21,4 |
|||||||||||||||
2035 |
15,6 |
15,6 |
|||||||||||||||
2037 |
24,8 |
24,8 |
|||||||||||||||
2039 |
18,7 |
18,7 |
|||||||||||||||
2040 |
20,01 |
20,01 |
|||||||||||||||
2041 |
6,7 |
6,7 |
|||||||||||||||
294,3 |
1222 |
146,37 |
100,4 |
1763,1 |
|||||||||||||
Ci stiamo lamentando un po’ tutti per le prescrizioni che sono venute dall’Europa per risanare il nostro squilibrio finanziario che è arrivato a livelli assurdi: debito al 119% del PIL ; ci siamo sentiti offesi, lesi nella dignità , nel sentimento di nazione, mortificati per l’atteggiamento tutoriale delle due nazioni, Francia e Germania che hanno irriso il Presidente del Consiglio, e che ci ha messo alla corda per condurci sulla dritta strada. Era ora!
Gli italiani che sono caratterialmente votati all’ascolto della buona musica, che prediligono le fiction e le trasmissioni ove si fa chiasso e si animano dibattiti, non sono molto sensibili ed attenti alla lettura dei grigi e severi numeri , specie quando essi esprimono valori dell’economia. Conoscono bene le statistiche calcistiche , sono edotti in tanti settori, ma rifuggono dall’approfondire i rudimenti della matematica , tanto più quando essa ha attinenza con la moneta e la finanza.
Senza andare troppo lontano nel tempo , utilizzando i dati disponibili sul sito del Tesoro messi li per tutti( Link Dipartimento del Tesoro – Scadenze Titoli Suddivise per Anno ), con la loro semplicistica rappresentazione si può avere la sensazione del baratro nel quale ci stavamo dirigendo ( speriamo di esserci fermati seriamente ) a dispetto della pur encomiabile ma altrettanto antipatica azione del Ministro Tremonti che sa di dover fare il cerbero; non sa invece di dover sistematicamente comunicare agli italiani il grado di pericolosità al quale siamo stati portati. Forse per non scontentare l’elettorato, il suo mentore ed anche per accontentare tutti e per sottacere la circostanza di aver fatto degenerare la spesa pubblica oltre ogni limite. [1]
Come si sia potuto far vivere nella tranquillità i cittadini e far sapere loro che va tutto bene è poi è altra cosa; appartiene al senso di responsabilità o di irresponsabilità che dovrebbe qualificare l’operato del buon padre di famiglia.
Per dare i driver della nostra situazione è sufficiente leggere quattro numeri delle tabelle: nel 2007 il pil è stato di € miliardi 1547 nel 2010 è stato di € miliardi 1548. Crescita zero. Nello stesso periodo il debito pubblico è passato invece dalla modica cifra di € miliardi 1602 a € miliardi 1843, con un delta che fa venire i brividi solo a dirlo e cioè più € 243 miliardi in soli quattro anni , con un overflow di circa 60 miliardi all’anno ed una spinta tendenziale da voragine.[2]
In altra sede andremo ad analizzare le ragioni di questa follia gestionale e ad individuare anche le fonti di spesa, che avranno pur avuto ragioni economiche e politiche, ma che lasciano intendere come anche Tremonti, che ha fatto il duro e che ora si è arroccato sull’intransigenza più assoluta, avrebbe dovuto strillare al mondo intero la degenerazione dei fondamentali del bilancio dello Stato e/o dimettersi platealmente per richiamare l’attenzione di tutti se aveva capito cosa ci aspettava. Si può anche opinare che era in buona federe e che non lo avesse capito.In un solo caso poteva essere giustificato: se quelle somme fossero state destinate ad investimenti sani con ritorni certi per l’economia e non anche in spesa corrente.Naturalmente la situazione non piace a tanti: non piace ai sindacati, alle lobby , alle corporazioni, non piace neppure a chi pratica la politica del nimby, ma è davvero prossima all’implosione se non si provvede. La terza camera ,” il salotto di Vespa”, che ci fa edotti su tanti argomenti, di tanti omicidi, di indagini di costume che gli Italiani seguono con attenzione assidua, sacrificando un po’ di audience, avrebbe fatto cosa gradita all’OCSE che lamenta il basso tasso di conoscenza e di informazione della cittadinanza sulle dinamiche finanziarie e dell’economia, se, utilizzando Giannino ed altri comunicatori, avesse anche preparato due tavole con i numeri che contano e, senza mettere la mano benevola sulla spalla dei suoi ospiti, li avesse invitati alla ragione ed avesse loro detto “cosa aspettate”? Il crack ?Meno male che lo Stato Italiano non ha speso, come invece è successo a Francia, Germania e Inghilterra che si sono svenate , una lira melius un euro per sostenere le banche durante la crisi del 2008; chè, anzi, sono state le banche a fare da cassa di compensazione per tutti i write off ( le cancellazioni dei crediti per perdite ) di non poche aziende italiane che hanno presentato i libri in tribunale.Un esempio per tutti , recente : gli ospedali San Raffaele di Milano di Don Verzè , il prete finanziere d’assalto, cui va il merito di aver creato un polo salutistico di eccellenza ma anche il demerito di operazioni che nulla avevano di etico e di religioso, richiederanno un ulteriore sacrificio per le banche di parecchi milioni.Ed ancora sempre per dire bene delle nostre banche va segnalato che esse non hanno rimpinguato i portafogli di titoli Greci e Portoghesi a tassi elevati per far quadrare il conto economico ,come hanno fatto Parigi e Berlino a spese della Grecia; pertanto, non soffriranno per la riduzione del debito Greco al 50% misura resa necessaria per il salvataggio.[3]E i “Grechi” come dice una illetterata onorevole smettano di scioperare; ricomincino a fare sul serio prima che qualche golpe li rimetta nel barrèe. Questo vale e varrà anche per noi per le cose che si dirà in proseguo.Tremonti all’epoca nel 2008, con le banche, ci ha provato per far entrare lo Stato in quel capitale ; per fortuna l’operazione non gli è riuscita. Grazie banche; oggi forse il debito pubblico avrebbe avuto altri compagni di cordata.E concludo.Il piano di attività presentato dal Governo Berlusconi alla Ue costituisce in tempi di crisi la somma di iniziative cui qualsiasi impresa che voglia rimanere sul mercato è costretta a guardare , pena la sua espulsione ; ha tempi medio lunghi ed effetti che si spalmano anch’essi nel tempo medio lungo.Occorre ben altro ; qualcosa di più di una patrimoniale. Occorre anche una iniziativa emblematica e forte che elimini, con ogni consentita urgenza, almeno una parte del debito senza la quale, come si evince dal piano delle scadenze più prossime dei titoli di Stato ( 2012 e 2013), non si annulla il rischio di default visto che tutti i Fondi che lavorano sulla piazza di Milano e molti operatori “hedge found”, istituzionali e non, si sono alleggeriti di buona parte del portafoglio investito in nostri titoli negoziandoli nei dark pool ( pozzi neri) per non farsi identificare e per sottrarre le informazioni al mercato, nel durante, relativamente ai prezzi ed alle quantità.Quindi è certo che non saranno più compratori. L’alleggerimento è stato di circa 300 miliardi ; ad esso non sono state estranee le consorelle bancarie di Francia, Germania ed Inghilterra, che, pur dopo le operazioni di riduzione del rischio Italia, saranno comunque abbisognevoli di significativi aumenti di capitale. E questo la dice lunga sul clima di sospetto e di solidarietà. Peccato che le banche e Banca d’Italia non siano in grado di far sapere, con una settorizzazione spinta dei dati, quanta parte del debito è in mani improvvide. Ciò è la conseguenza dei molti mercati paralleli a quelli ufficiali.Una raccomandazione agli investitori nazionali per la difesa della italianità: liberatevi di tutti i bond acquistati per esterofilia. Se ciò avvenisse e fosse possibile non avremmo bisogno di nessuno. La ricchezza complessiva della nostra nazione come emersa dal report mondiale recente di Credit Suisse è sufficiente ed adeguata quanto basta. Se ciò accadesse la nottata rappresentata dal 2012 e dal 2013 passerebbe come dice Eduardo senza pene.Nel frattempo è augurabile e si spera che l’Italia ritrovi il buon senso e, se non lo ritrova, ci si augura che tutti provvedimenti necessari, quelli del piano del Governo presentato all’Europa, vengano assunti a dispetto di tutte lamentele, proprio tutte, purchè le risorse reimmesse in circolo vadano verso i giovani e le sole imprese meritevoli: quelle che costruiscono ed aggiungono valore. Ai sacrifici occorre prepararsi per il patto di solidarietà con le nuove generazioni. Non possiamo farne a meno.
Continua perché subito dopo è successo di più.
Il pezzo è stato scritto all’indomani delle prescrizioni di Monaco , cioè più di due anni fa e non venne pubblicato da un giornale che fu destinatario dello scritto. Ora capisco anche il perchè. Richiede aggiornamenti alla luce di quanto è successo nel biennio e del nuovo che è successo in Europa. Ci facciano il piacere quelli che non sanno leggere i numeri di evitare di continuare a fare promesse a parole. Ora è il momento della serietà e delle decisioni che contano: si va anche a votare e lo spettacolo al quale ci stiamo preparando della rincorsa di tanti schieramenti certamente non fa bene all’Italia , giacchè si da l’idea che non ci siano poi formazioni in grado di assumere una visione responsabile globale nella governance del nostro sistema. Due costole dall’Idv, due, tre o anche più dal Pdl , il movimento arancione, etc etc ognuna portatrice di istanze pur importanti ma specifiche e particolari rompono il quadro d’insieme e soprattutto ci fanno fare un salto indietro di anni. Forse anche per questo motivo non si è fatta la riforma elettorale che mette dei paletti e degli sbarramenti. Ma chissà che gli Italiani questa volta non abbiano capito dove cosa occorre fare.
( federico d’aniello pubblicista 111525)
[1] Ora a distanza di poche settimane, dopo gli approfondimenti fatti, ho maturato una diversa convinzione, ancora più dura. Siamo stati governati da un ragioniere che conosce bene i dati della contabilità ma non conosceva affatto né l’economia delle aziende né la macroeconomia e che non conosce ancor di più la finanza che ha solo demonizzato e criticato ma di cui non immagina e preconizza eventi ed evoluzioni. Ma si è mai messo sott’occhio i dati finanziari per capire in quali mani stavano i nostri titoli e su quale grado di affidabilità poteva contare ?
[2] Ho ora organizzato altri dati che danno una visione più complessiva delle evoluzioni storiche e che diverranno il contenuto di altri approfondimenti.
[3] E in ogni caso vengono bastonate da tutti perché non sono state prone nella gestione della finanza cattiva e sono state invece solo nazionaliste nel sostenere la politica del governo con l’acquisizione in portafoglio di titoli del debito pubblico.
Le reti di impresa
Intervento svolto,nel mese di Nov 2011, nel corso di un convegno a Pompei sui sistemi organizzativi di impresa.
Due sole parole per presentarmi: da Condirettore Centrale del Banco di Napoli sono stato responsabile dei sistemi informativi. Alla luce delle competenze acquisite e maturate sul campo ritengo di poter contribuire a stimolare alcune riflessioni sulle materie che il convegno si propone di discutere e dibattere.
Trascuro volutamente tutta la parte oggetto delle altre relazioni , cioè normativa, strumentazione giuridica , differenze esistenti tra le diverse modalità di aggregazioni formali ed informali , istituzionali e non , ed il contributo della recente legislazione che intende favorire sul piano fiscale e contrattuale modelli nuovi di approccio al mercato.
Non vado oltre; potrei arricchire le citazioni ma intendo soffermarmi solo sul concetto di rete cominciando dalla sua etimologia.
Per rete si intende comunemente una serie di componenti, sistemi o entità, interconnesse tra di loro: la mente va subito alle reti della informatica, delle telecomunicazioni, dei mass media, cioè delle informazioni su carta stampata o on line, alle reti infrastrutturali , alle reti di insieme etc etc.
Tutte oggi si compongono di anelli circolari; su di essi si fonda il modello socio economico delle moderne società.
Le reti sono diventate e diventano via via sempre più essenziali in ragione della crescita del sistema di riferimento : regione, paese Italia, Europa , mondo , reti nella dimensione spazio- tempo. Lo diventano altresì in ragione dei valori del business rispetto ai quali si pongono in funzione di acceleratori connessi ai diversi stimoli che le determinano: convenienza, economicità, massa critica, concorrenza. Capirete di qui a poco le ragioni che mi hanno indotto e che mi inducono a questa riflessione.
Per formazione e deformazione professionale di consulente posso sostenere con certezza quanto sia più arduo e difficile lavorare sugli aspetti soft rispetto a quelli hard, cioè di natura strutturale.
In altri termini è più difficile operare sulle convinzioni e sull’approccio mentale degli uomini rispetto agli strumenti, ad esempio per tradurre in progetti societari ed organizzativi le regole che costituiscono la strumentazione normativa di ogni rango.
C’è però, in ogni caso, una rete a cui è possibile riferirsi verso cui tendere come modello virtuale; la rete che oggi tutti conoscono, senza della quale non potremmo più vivere e forse neppure respirare: la rete delle reti, la www.
La rete www, modello di ampia democrazia, consente una straordinaria integrazione di ogni piccola monade , di ogni idea, di ogni azione , di ogni volontà, di ogni intrapresa capace di rendere un gruppo omogeneo forte a dismisura e di far conseguire efficienza, efficacia, robustezza di valore per il solo fatto di stare insieme.
Quando per traslazione del concetto occorre parlare di reti di impresa è a questa modello di rete che occorre guardare, con le necessarie correzioni; è a questa forza dell’insieme che si pensa ed alla quale occorre tendere, è a questa sinergia di intenti e di progettualità che occorre riferirsi in una interazione in cui ciascuno mette quanto di meglio e di utile ha nel suo dna imprenditoriale, professionale, tecnico , umano etc
E’ questo l’aspetto alto che occorre curare; ed è questo il target a cui gli imprenditori, animati dalla necessità di svilupparsi, di dover crescere , di dover fronteggiare, devono pensare.
Perché insisto su questo punto: perché è proprio nell’approccio mentale , culturale, genomico, caratteristica tipica dell’individuo del sud, quella carenza che spesso è dato di cogliere nelle professioni, nelle imprese, nelle istituzioni; quella di non saper coltivare ed apprezzare il valore di questa opportunità offerta dal sistema “rete”.
Non sappiamo e non vogliamo decostruire per ricostruire o perché innamorati dell’autonomia, della specificità, della individualità che immaginiamo essere la migliore o perchè gelosi, come siamo, delle nostre cose e delle nostre informazioni custodite gelosamente nel cassetto senza pensare che quelle stesse individualità, quelle stesse informazioni, arricchite da un contributo ulteriore, potrebbero veder crescere il loro valore intrinseco a dismisura.
Vi rinunziamo, talvolta, solo quando costretti dalle legislazione di convenienza , dagli stimoli delle opportunità fiscali, dal bando regionale del momento o da altra occasionale vicenda gestionale.
In quei momenti c’è un disegno concreto ed immediato legato all’obiettivo particolare realizzato attraverso forme e modalità giuridiche proprie che, talvolta, possono anche costituire l’anticamera di possibili nuove iniziative. Ma non c’è stata ex ante l’idea progetto di generare modelli di rete, come invece è augurabile possa accadere a valle di questo interessante convegno.
Talvolta le aziende sono sospinte nell’aggregazione da ragione di concretezza immediata che aiutano ad immaginare soluzioni nuove per mercati nuovi, per contesti nuovi, perché la dimensione piccola e media è un valore ma talvolta non ha le gambe per camminare da sola; perché occorre costruire una massa critica di rispetto per ogni sorta di negoziazione, perché occorre lavorare sui punti di forza di ciascuno, perché il nemico o amico da controbattere, da fronteggiare, è assai spesso più forte di te , perché la filosofia organizzativa anche delle imprese è oggi cambiata.
Talvolta c’è il pubblico, cioè la Pubblica amministrazione, che vuole e pretende un sistema di assieme o una soluzione a rete per suoi motivi di convenienza.
E se poi il momento relazionale si instaura con le banche può succedere, e tutti voi ne sapete qualcosa, che la spinta all’aggregazione è addirittura più forte. Il sistema bancario , infatti, oggi non destina che risorse residuali ai piccoli, peraltro mai adeguate ; riserva ai medi solo pochi servizi e di qualità non eccellente. Ed infine c’è da dire che le regole di governance nelle banche e fuori delle banche mal si adattano alle taglia delle imprese medie e piccole. Richiede, infatti, proposte nuove e l’adozione di un modello innovativo condizione primaria per affrontare il tema dell’accesso al credito ed alle diverse tipologie di finanziamento.
Spero di aver indicato tutti i possibili motivi che spingono a creare le condizioni perché il modello delle reti di imprese possa diventare una nuova opportunità.
Penso, proprio, che la ratio vincente, quella strategica e durevole, sia fondata proprio sull’esigenza di individuare modelli organizzativi innovativi per stare sul mercato e competere con efficacia ed efficienza, modelli dotati di strutture adeguate, supportati da ogni possibile competenza e know how e, perché no, anche attraverso la dotazione di risorse strumentali che mettono al posto giusto le risorse di ICT e TLC, seppure in maniera condivisa, ma attraverso una forte riduzione di costi ed anche con lo sviluppo di opportunità non sempre immaginabili.
Il rapporto Mc Kinsey di quest’anno ,che suggerisco alla vostra lettura, ed il rapporto della Cap Gemini , altra società di consulenza sempre del 2011, hanno misurato il gap tra le società innovative e tecnologiche e quelle della graduatoria bassa in cui compare l’Italia in delta percentuali negativi espressivi di significative distanze, senza fare distinzioni nel nostro caso tra le due Italie, cioè tra quella più innovativa e quella da Roma in giù.
Ho sottocchio due pezzi del Sole24ore che voglio qui citare, quasi integralmente, solo per far capire quanto attuale sia diventato il tema delle reti di impresa : “Spesso i cambiamenti epocali nella società avvengono senza rivoluzioni o grandi scossoni. Ci sembra questo anche il caso delle reti d’impresa, uno strumento giudirico nato un paio di anni fa che non aveva dividendo elettorale immediato. La scommessa era quella di aprire per la miriade di piccole e medie imprese la strada della crescita dimensionale, se non con le aggregazioni, almeno con un modello di collaborazione che salvaguardasse l’autonomia delle singole imprese e soprattutto degli imprenditori.
“Chi sin dall’inizio ha creduto a quella scommessa oggi comincia a vederne i frutti. Non solo in termini economici, con significative riduzioni dei costi che portano maggiore competitività e quindi più fatturato e più utili, ma anche con un cambio di mentalità lento ma generale che sta spingendo le banche a dare valore economico alla rete d’imprese”.
“E poi c’è l’altro anello della catena la cui complessità è destinata a crescere con Basilea 3 e con le prescrizioni EBA sulle patrimonializzazioni, che il modello delle reti di impresa può meglio fronteggiare rispetto agli assetti più comuni dati dalle strutture consortili, dalle associazioni temporanee ed altre soluzioni di più basso profilo organizzativo”
L’altra pezzo sempre sul Sole 24ore riporta le considerazioni della Marcegaglia : “Sono 200 i contratti di rete siglati che coinvolgono quasi 1.000 imprese in tutto il Paese. L’obiettivo é stato raggiunto con sei mesi di anticipo. Un traguardo ampiamente superato che ha visto la forte e convinta adesione delle imprese. I contratti di rete sanciscono alleanze fra imprese appartenenti a tutte le regioni italiane nei molteplici settori”.
Cosa c’è dietro a questo processo ed a questa progettualità tutti voi lo sapete bene:semplificazioni di procedure, normative più snelle, vantaggi fiscali , vantaggi di natura operativa , condizioni tutte a portata di mano, da mettere in campo con un lavoro paziente ma niente affatto complesso supportati soprattutto da chi in questi valori crede fermamente.
Ciò che dà al sistema di rete “il vero plus” è quel senso forte di integrazione e convinzione che aiuta a sviluppare diverse energie e motivazioni proposte dalla natura stellare della rete, orizzontale e non verticale come spesso si pensa e si dice, che può essere oggi agevolata da strumenti di tecnologia, su cui occorrerà una specifica sessione per parlarne, quali il “Cloud computing” e da modalità organizzative “ note sotto l’acronimo di open innovation” che danno all’insieme una forza “ che può essere definita dirompente”.
Lo dico con convinzione da ex responsabile dei Sistemi informativi della mia Banca; parlo di esperienze di parecchi anni fa nelle quali furono sperimentate, in tempi ancora poco maturi, soluzioni di reti che non erano di impresa ma di soli uomini che lavoravano per un stesso obiettivo con la sinergia e la metodica delle reti. E parlo ancora di un sistema di rete che allora vide all’opera , di fatto, quattro grandi aziende che operarono, attraverso un approccio di system integration, mettendo a fattor comune le loro migliori competenze in vista di un risultato unitario di grossa innovazione per quell’epoca ed impensabile per quel tempo.
I grandi Big dell’It operarono in un sistema di rete:IBM, Olivetti( dell’epoca), Sip ( dell’epoca ) e BBN ( Bolt Beranek and Newman- azienda di rete Americana) insieme a società di software e soprattutto insieme a tutto il personale dell’azienda calato sull’importante progetto di innovazione che arrivò nei tempi e con gli obiettivi stabiliti.
Vi ringrazio per l’opportunità e ringrazio il dott. ………per avermi stimolato in una idea che era già nel carnet degli approfondimenti professionali. Mi scuso per le mancanze inevitabili. Spero di poter meglio sviluppare in altre occasioni il dna coltivato scrivendo questo pezzo