L’economia della Campania nella pubblicazione della Banca d’Italia.

Giugno 26, 2014

N. 15 – L’ECONOMIA DELLA CAMPANIA
Rapporto annuale, giugno 2014

Sommario dalla pagina della Banca d’Italia”

“Il 2013 è stato ancora un anno di recessione per la Campania, il sesto consecutivo; secondo le stime di Prometeia il PIL sarebbe diminuito del 2,7 per cento in volume, portando a oltre 13 punti percentuali il calo cumulato dall’avvio della crisi. Gli indicatori congiunturali hanno tuttavia smesso di peggiorare nel corso dell’anno: le imprese che hanno partecipato alle indagini campionarie della Banca d’Italia segnalano, in media, un arresto della caduta del fatturato nel 2013 e previsioni di moderata crescita per il 2014.

I segnali di ripresa risultano più diffusi nell’industria, deboli nel comparto dei servizi, assenti in quello edilizio. Nel settore industriale, il fatturato è aumentato soprattutto per le imprese con elevata propensione all’export e gli investimenti hanno mostrato una dinamica migliore rispetto agli anni recenti, seppure limitatamente alle aziende di maggiore dimensione.

Nell’edilizia, il calo di attività è stato più netto per le imprese fortemente dipendenti dalla domanda di opere pubbliche. Il settore dei servizi continua a risentire della riduzione dei consumi, solo in piccola parte compensata dalla tenuta della spesa dei turisti stranieri; lo scorso anno, più del 60 per cento delle famiglie campane ha giudicato inadeguate le proprie risorse economiche, oltre 20 punti percentuali sopra la media italiana: il dato riflette soprattutto l’alta disoccupazione e la debolezza dei salari. Vi contribuisce anche un carico fiscale che, nelle componenti legate all’autonomia impositiva degli enti locali, è superiore alla media nazionale.

Nel 2013 l’occupazione è calata di quasi l’uno per cento, nonostante la tenuta del comparto industriale. Il numero di persone occupate si situa ampiamente al di sotto del livello precedente l’avvio della crisi (-8,5 per cento sul 2007; -3,5 per cento in Italia). La ricerca attiva di lavoro continua a estendersi a fasce sempre più ampie di popolazione: lo scorso anno le persone in cerca di occupazione, pur decelerando, hanno superato le 400.000 unità. Il loro livello, come nel resto d’Italia, è pari al doppio di quello del 2007. Si è ancora ampliata, superando il 40 per cento del totale, la quota di giovani tra i 15 e i 34 anni non occupati e non coinvolti in alcuna esperienza formativa.

Nel mercato del credito la dinamica dei prestiti è rimasta negativa e si sono acuite le difficoltà di rimborso: alla fine del 2013 oltre un terzo dei prestiti erogati alle piccole imprese campane e circa un quarto di quelli erogati alle medio-grandi imprese erano classificati in sofferenza. Secondo gli intermediari bancari, la domanda di credito finalizzata al finanziamento degli investimenti è ancora diminuita, mentre è cresciuta la componente connessa alle esigenze di ristrutturazione del debito. Le banche e le imprese intervistate hanno segnalato una lieve attenuazione della restrizione nelle condizioni di accesso al credito: può avervi contribuito una migliorata situazione di liquidità, favorita anche dal rimborso dei crediti commerciali verso la Pubblica amministrazione.

Nel 2013 si è intensificato il calo dei prestiti alle famiglie; la maggiore contrazione ha riguardato sia il credito al consumo sia quello destinato all’acquisto di abitazioni. Durante la crisi è nettamente calata la quota di credito al consumo finalizzata all’acquisto di beni durevoli mentre è aumentata quella non finalizzata a specifiche spese, come i prestiti che prevedono la cessione del quinto dello stipendio e i prestiti personali.

Negli ultimi sei anni, in base alle stime di Prometeia, la riduzione del PIL campano è stata di quasi 5 punti percentuali superiore alla media italiana. Il divario si è manifestato soprattutto a partire dal 2010, in corrispondenza della ripresa della domanda estera e dell’accentuarsi della contrazione fiscale; esso si correla alla minore apertura dell’economia regionale al commercio estero e alla sua maggiore dipendenza dalla spesa pubblica.

Un più tempestivo utilizzo delle disponibilità finanziarie provenienti dai Fondi strutturali dell’Unione europea avrebbe potuto attenuare gli effetti del calo della domanda interna. Il rispetto degli ambiziosi obiettivi di potenziamento della competitività dell’economia regionale, programmati all’avvio del ciclo 2007-2013, ne avrebbe oggi rafforzato le prospettive di ripresa. Durante gli anni duemila, secondo le rilevazioni censuarie dell’Istat, il numero degli addetti alle imprese e alle istituzioni ubicate in Campania è cresciuto a ritmi inferiori rispetto al precedente decennio e meno che nella media italiana. Il divario con il resto del Paese è spiegato dal più severo impatto della crisi e dalla più intensa riduzione di addetti alle istituzioni pubbliche.

Sono tuttavia comparsi alcuni indizi di innovazione nella struttura economica regionale: il settore manifatturiero si è contratto, ma al suo interno sono aumentati sia l’incidenza delle imprese a più elevata intensità tecnologica sia la loro dimensione media. La quota di aziende esportatrici resta molto inferiore al dato italiano, ma è tornata a crescere nel periodo della crisi, così come l’incidenza delle esportazioni sul valore aggiunto industriale e complessivo. Anche se lievemente, si è ridotta la dipendenza dell’economia regionale dalla domanda pubblica.
Negli anni recenti, il calo nella spesa e nell’indebitamento degli enti locali non si è sempre associato a una peggiore qualità dei servizi. In talune aree dell’assistenza sanitaria e nel campo della gestione dei rifiuti si rileva un avvicinamento agli standard di servizio nazionali. Si tratta di progressi ancora insufficienti che vanno rafforzati ed estesi ad altri rilevanti settori. Aumentare la competitività del sistema universitario campano, oggi mediamente bassa, favorirebbe l’accumulazione di capitale umano, con effetti rivelanti sulla produttività e l’attività innovativa delle imprese e, per tali vie, sul potenziale di crescita economica della regione”

Questa la sintesi del volume pubblicato dalla banca d’Italia sulla economia della Campania nel 2013.

Il volume e’ l’ultimo delle pubblicazioni relative alle regioni e costituisce uno spaccato severo delle criticita’ presenti sul nostro territorio in specie per quanto attiene il sistema del credito, la cui entità è anche funzione del tessuto del sommerso e della economia criminale.
Un impatto non minore sugli effetti recessivi sta derivando, infin , anche dalle attività di controllo oltre che delle azioni di polizia giudiziaria. Mano a mano che le maglie si stringono fanno cadere sul campo aziende che sono costrette a ridurre il loro giro di affari ed a ridurre anche l’apporto del lavoro sommerso.
In una economia, che del sommerso sinora si è avvalsa e che costituisce in parte l’ancora di sfogo alla assenza di aziende medio grandi, queste incisive novità sono un fattore di rallentamento anche per lo sviluppo dei dati del credito. Un esempio? Basta guardare ai numeri dell’edilizia in nero degli anni passati che hanno fatto indossare alla Campania la maglia del primo della classe nel fenomeno delle unità immobiliari non accatastate e non note al fisco ed alla Agenzia del territorio. Quel fenomeno appare oggi più sotto controllo.
Viene il tempo e il momento del rispetto delle regole e delle leggi che quando eluse favoriscono solo aree non legali della società. Tutto ciò, in uno anche con le nuove regole della tracciabilità, che nel nostro territorio hanno determinato un freno non lieve alla circolazione delle masse monetarie piccole e grandi, dà luogo ad un fenomeno sul quale riflettere per indurre il sistema a valutare le conseguenze iniziali connesse al recepimento graduale di vaccini nuovi dati dal progressivo adeguamento delle regole.
La lettura di alcuni testi presenti sul sito della Banca d’Italia, sotto ripresi in sintesi, proprio sulle cause del freno allo sviluppo e del freno al credito nelle nostre regioni dovrebbe indurre ad individuare controindicazioni temporanee per mitigare effetti specifici del nostro territorio che si aggiungono a quelli delle insufficienze primarie connesse all’economia ed ai mercati comuni a tutto il territorio nazionale.

Tema di discussione n. 868, aprile 2012 Paolo Pinotti Università Bocconi e Banca d’Italia
I COSTI ECONOMICI DELLA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA: EVIDENZE DALL’ITALIA MERIDIONALE

“Il lavoro analizza la relazione tra criminalità organizzata e sviluppo economico in Italia dal dopoguerra a oggi. Come principale indicatore della presenza di organizzazioni criminali si utilizzano le denunce per associazione a delinquere di stampo mafioso (art. 416 bis del codice penale) in rapporto alla popolazione.
Tali dati evidenziano che, all’interno dello stesso Mezzogiorno, coesistono regioni alquanto diverse in termini di radicamento e dinamica della criminalità organizzata. Mentre le organizzazioni mafiose condizionano lo sviluppo di Sicilia, Campania e Calabria sin dal periodo preunitario, la loro presenza in Puglia e Basilicata si intensifica solo negli ultimi decenni del secolo scorso, a seguito di una serie di avvenimenti in larga parte indipendenti dal contesto socio-economico delle due regioni e riconducibili piuttosto alla contiguità territoriale con le aree di tradizionale insediamento. Il lavoro utilizza questa discontinuità temporale per identificare i costi economici imposti dalla criminalità organizzata. omissis

In particolare, si confronta la serie storica del PIL pro-capite effettivamente osservato in Puglia e Basilicata dal dopoguerra a oggi con la media ponderata della stessa variabile nelle regioni italiane in cui la presenza delle organizzazioni criminali non ha assunto carattere endemico. Omissis

Tema di discussione n. 646, novembre 2007

L’ECONOMIA SOMMERSA COME FRENO ALLO SVILUPPO FINANZIARIO: INDICAZIONI DAL MERCATO DEL CREDITO IN ITALIA
Giorgio Gobbi (Banca d’Italia) e Roberta Zizza (Banca d’Italia) abstract

“L’esclusione dai mercati finanziari ufficiali è annoverata tra i costi che ricadono sulle imprese appartenenti al settore informale. Per accedere ai mercati creditizi, infatti, gli imprenditori devono trasmettere agli intermediari informazioni credibili sulla loro attività. L’assenza di un’adeguata documentazione contabile, o anche soltanto una sua contraffazione nel caso di unità parzialmente regolari, ostacola il reperimento di finanziamenti esterni.

Analogamente, i lavoratori irregolari incontrano difficoltà a documentare la loro capacità di sostenere gli oneri derivanti dall’accensione di un mutuo o dal ricorso al credito al consumo. Anche la diffusione di altri servizi bancari, quali l’utilizzo di mezzi di pagamento diversi dal contante, è minore in aree contrassegnate da un’elevata incidenza dell’economia sommersa.
La bassa domanda di servizi finanziari indotta dal ricorso al lavoro irregolare può frenare l’espansione delle strutture di offerta, come ad esempio l’apertura di sportelli bancari, e limitare il numero di operatori presenti sul mercato, con ripercussioni negative anche sul settore regolare dell’economia.
Questo lavoro fornisce una stima dell’impatto delle attività sommerse sul volume dei prestiti, utilizzando dati relativi ai mercati locali del credito in Italia nel periodo 1995-2003
I risultati confermano l’esistenza di una correlazione fortemente negativa, a livello regionale e provinciale, tra l’incidenza del credito sul valore aggiunto e il peso del lavoro irregolare nel settore privato. La dimensione dell’economia sommersa ha un impatto negativo sia sul volume di finanziamenti alle imprese, sia sui prestiti concessi alle famiglie. A un aumento di un punto percentuale della quota dell’occupazione irregolare su quella totale corrisponde un calo di circa due punti percentuali del rapporto tra il credito alle imprese e il valore aggiunto e di circa 0,3 punti percentuali dell’analogo rapporto calcolato utilizzando il credito alle famiglie. Risultati simili si ottengono per i prestiti concessi dalle società finanziarie specializzate nel leasing, nel factoring e nel credito al consumo.
. Le stime econometriche indicano che le decisioni di entrata delle banche in un mercato locale del credito, misurate in termini di apertura di nuovi sportelli, sono influenzate dalla diffusione del lavoro irregolare. Una diminuzione del tasso di occupazione irregolare di un punto percentuale si tradurrebbe in media in circa tre nuovi sportelli per provincia”

Dal volume “Mezzogiorno e Politiche Regionali” seminario 2009
LEGALITÀ E CREDITO:DISECONOMIE AMBIENTALI
5. Legalità e credito: l’impatto della criminalità sui prestiti alle imprese
Emilia Bonaccorsi di Patti ………………………………………………………………………………….. 165 e seguenti.
• http://www.bancaditalia.it/pubblicazioni/econo/ecore/2014/analisi_s-r/1415_campania
o Testo pdf 3 MB