Negli ultimi 2/3 mesi sono stati pubblicati a decine di documenti di analisi, report di società di consulenza, della pubblica amministrazione, tutti intesi ad individuare le priorità verso le quali si dovrebbe muovere il piano strategico nazionale diretto a sostenere la ripresa e la crescita dell’Italia, a valle delle conseguenze indotte dalla pandemia ex Covid 19, spendendo le somme assegnate dall’Ue di cui al noto recovery Fund.
Non so quante associazioni quante istituzioni, centri studi, giornali si sono fatti carico di sciorinare idee, piani teorici e non si ha idea su quanti milioni di caratteri siano stati spesi per presentare in maniera puntuale il fabbisogno del paese Italia.
E’ stato ed è tuttora uno sforzo apprezzabile che sta a dimostrare quante idee ci sono, quanti siano i centri di attenzione e quanta cura abbiano la parte pensante dell’Italia , gli intellettuali e gli organismi di rappresentanza delle diverse categorie e classi sociali, nel segnalare ed evidenziare i grandi deficit organizzativi, soprattutto, strutturali che questo paese presenta dai parecchi anni.
Sono tutti ben noti, forse arcinoti.
Se si prova a fare un confronto tra tutti questi documenti ed a metterli insieme alle idee dello sforzo fatto dal gruppo Colao, sintetizzato nel documento dei famosi giorni degli Stati generali, tra di essi non si intravedono grossi elementi di differenziazione.
Le diverse pagine che hanno avuto ad oggetto questo tema così importante per la nostra società sembrano fatte a stampa e neppure con uno sforzo di fantasia si colgono le tante diversità che pure ci sono e che forse sono più concentrate sulle priorità.
In realtà anche prima dell’avvento di questa sciagurata vicenda della pandemia gli studi sulla disamina delle grosse criticità del paese non sono mai mancati.
L’Italia è un paese che pensa e scrive tanto, che dispone di opinionisti di eccellenza e di grossi centri istituzionali di riflessione: se si dovesse e si potesse leggere tutto passeremmo tutto il nostro tempo nell’acculturamento.
E poi non mancano neppure le indicazioni , stimoli e suggerimenti che periodicamente ci vengono da Ocse, Imf, Eurostat etc. etc.
Forse per scrivere e disegnare idee il nostro paese non ha eguali.
Sono, siamo, tutti bravi a raccontare.
Peccato, come diceva Matisse, dopo aver disegnato una pipa “ceci n’est pas une pipe” che occorre, perché sia tale, la sua costruzione, la sua realizzazione.
E qui casca l’asino: occorrono almeno due grosse precondizioni.
Una ferma volontà politica , non ferma ma fermissima, che non faccia sconti a nessuno e che una volta definite le vere priorità del paese, in una visione strategica di almeno breve periodo, non dica sì a tutti ma al contrario dica anche tanti no che arrecano fastidi e disturbo al cittadino, purché le iniziative siano portate avanti nella piena consapevolezza di realizzare il bene a tendere del paese.
Ma come è noto il ventennio, diciamo anche il trentennio alle nostre spalle, ha consegnato al paese una governance che ha dovuto per la sua sopravvivenza mediare e concedere tanti sì e tante elargizioni senza peraltro affondare il bisturi dove ciò era necessario e senza di fatto disturbare il manovratore di turno nelle diverse aree della pubblica amministrazione e della economia.
Il governo di turno si è maggiormente speso ad accontentare la massa del cosiddetto popolo con tante elargizioni su cui un recente bel testo di Alberto Brambilla “Le scomode verità su tasse pensioni, sanità e lavoro ” sta aprendo gli occhi, benché quegli effetti negativi fossero stati messi nel conto dei guasti fatti al paese.
Guasti prodotti soprattutto alla mentalità dei cittadini convinti di dover insistere sui diritti senza mai rispondere dei doveri che sono di lealtà e trasparenza.
La lista è lunga.
Il risultato peggiore, quello della instabilità politica e del debito, è sotto gli occhi di tutti
Non vi è infatti, un solo indicatore che riesce soddisfare non i cittadini che, tutto sommato, non hanno titolo per chiedere di più rispetto a ciò che danno, che forse non ne sentono neppure il bisogno , ma quanti hanno l’opportunità di avviare
relazioni con il bel paese sul quale devono fare affidamento e sui devono contare.
Se poi si passa alla seconda precondizione che è data dalla capacità realizzativa in un contesto complesso non si riesce ad immaginare chi possa condurre a buon fine un progetto che non nasce oggi ma che affonda le radici almeno nel trentennio passato.
Uno steering committee forte deve avere alle spalle decisioni ed obiettivi chiari ed un piano realizzativo che non si faccia condizionare da nimby, campanilismi, lobbying e manovre fuorvianti.
Come si può e si deve fare in questi casi?
Comunicando in maniera trasparente a tutta la società gli obiettivi attesi, gli scopi e le finalità, i vantaggi, i valori aggiunti da costruire; comunicando a tutti le aree che potrebbero essere toccate da una disruption, meglio da riorganizzazioni, ed indirettamente segnalando alla società le possibili ed eventuali iniziative che favoriscono , aiutano e quelle che remano contro.
La visibilità deve essere il metro di confronto tra cittadini che sono chiamati a capire ed a valutare anche con la intermediazione di soggetti terzi che rappresentano tutti (meglio senza ) e non le categorie sociali e classi e interessi precostituiti che sono sempre orientate al no.
E’ necessario alzare il livello di informazione in maniera strutturale e strutturata, mettendo a confronto le situazioni attuali, con i tanti risvolti negativi, e quelle a tendere ed i benefici che arrivano alla società con le nuove realizzazioni.
Facciamo un esempio.
Nel settore della digitalizzazione, come è ben noto, il famoso indice DESI, recentemente elaborato, ci pone in Europa al 28º posto del ranking
Sono anni che il paese elabora piani dell’It, spende risorse, cuce e ricuce senza essere riuscito a muovere la percezione della Europa ma anche lo stato dell’arte dalla insufficienza in cui versiamo.
Ci sono problemi strutturali, ci sono tante difficoltà ben note ma il vero tarlo sta nella indisponibilità delle governance di tante amministrazioni a raggiungere il risultato target che invece occorre per fare il salto di qualità.
La Corte dei Conti, avendo i poteri di accertamento, ha prodotto due grossi studi, che si affiancano alle tante indagini anche di società di consulenza che per mission elaborano analisi, ed ha mostrato un’Italia che molte cose le ha fatte, una Italia che è in mezzo ad un guado ed una Italia retrograda.
Si, le leggi, le autonomie, gli 11 mila server, tutto vero.
C’è qualcuno che in via Istituzionale fa capire dall’esterno ai cittadini del Comune Ypsilon quali sono i danni per la collettività per i ritardi della digitalizzazione.
C’è un difensore civico che diventa spina nel fianco delle amministrazioni, quando il dato è conseguenza della non decisa volontà di fare tutto ciò che occorre?
Questo è un ’esempio banale; va replicato per tutte le aree in cui questa mission andrebbe esplicata.
Perché occorre ricorrere ad una soluzione siffatta?
Perché la nostra organizzazione politico amministrativa ha costruito negli anni tante autonomie che solo leggi Costituzionali o leggi fortemente innovative possono modificare.
Il che allo stato delle cose appare del tutto impensabile.
Occorre quindi far pesare il giudizio sugli uomini che amministrano e che ritardano in maniera molto più diretta ed efficace.
Non basta l’Agenda digitale a raccontarci giorno per giorno i motivi che si frappongono.
Occorrono spine nel fianco pubbliche, dotate di una responsabilità specifica.
Occorre un sistema sanzionatorio e di riconoscimento di meriti per chi lo fa in modo da far pesare nel confronto la differenze tra la Regione A e quella B, tra il Ministero a con quello B , e così via discorrendo.
Se vogliamo negli Enti, Istituzioni ed altro dei ruoli ci sono: sindaci, revisori, consulenti, i difensori civici.
Seguono le associazioni dei Comuni, le Convention Regioni Governo, tutte disposte a chiacchierare, a scrivere ma senza poteri di interdizione sulle cose sbagliate, sui soldi spesi senza un ritorno ed un valore aggiunto; e c’è anche la previsione legislativa del bilancio sociale degli Enti pubblici. Ma non ci sono organismi sovrastanti che possono imporre o entrare nel merito sulla natura delle spese sulle priorità. L’autonomia è la regola.
Insomma bene o male c’è una rete di organismi che fa impallidire quella gli altri paesi della Ue per non dire i paesi di natura anglosassone, ma una rete che non ha colpi in canna e che pur avendoli talvolta chiude il lavoro con rapporti che si perdono nel tempo, vengono pubblicati e che nessuno li legge.
La sanzione deve essere affidata alla pubblica opinione prima che alle sedi giudiziarie ed ai giornali ed agli opinionisti che scrivono libri ( ultimo in ordine di tempo quello di Boeri e Rizzo, “Riprendiamoci lo Stato”); forse potrebbe essere utile avvalersi di figure analoghe a quelle che si usano per mettere in luce i casi di corruzione, se non proprio quelli almeno degli opinions leaders dedicati, associazioni di professionisti che abbiano compiti precisi di informazione dei cittadini.
La Pa deve sentire gli stimoli esterni, visto che dall’ interno le iniziative non vengono assecondate se non c’è la volontà politica o quella degli organi amministrativi..
L’ampiezza della autonomia rende inefficaci anche le funzioni di controllo quando ci sono.
E tutte le disattenzioni, per non dire le inadempienze , come quelle rilevate dalla Corte dei Conti, che segnala, ad esempio, come in molte amministrazioni pubbliche non ci sono ruoli responsabili deputati alla gestione dell.IT, non trovano corrispondenti sanzioni di natura amministrativa che colpiscano nel merito gli organismi istituzionali che avrebbero dovuto provvedervi.
Nel libro innanzi citato si auspica, infatti, una misurazione dei risultati in base al giudizio degli utenti, idea suggerita anche da Cotarelli nella prefazione al testo, soluzione che però presuppone una utenza edotta ed informata , consapevole dell’esistenza di procedure e degli obiettivi connessi; consapevolezza per la quale la Pa spende da sempre poco o quasi niente, tant’è che è raro leggere nei progetti capitoli, largamente coltivati in quelli delle aziende private, finalizzati all’empowerment dei destinatari delle soluzioni iT che, si ripete, non sono scritte per la Pa ma prioritariamente per i cittadini.
Suggerisco per una comprensione del testo qui innanzi esplicitato, che contiene idee banali ma di buon senso, la lettura delle relazioni della Corte dei Conti.
In tutto questo scenario sembra apparire qualche novità che aiuta a sperare.
La Pandemia, che ha portato tante rovine e morti, alla fine ci ha anche dato qualcosa di buono. ù
Intanto una Europa diversa, disponibile ed aperta alle novità.
Chi ha ascoltato il discorso di qualche giorno fa della presidente della Commissione Van Der Leyen, che può leggere su questo blog, se ne convincerà. .
La Pandemia ha portato risorse economiche e finanziarie uniche ed inimmaginabili.
Ha costretto l’Italia a presentare dei piani che saranno valutati per gli effetti ed i risultati che devono produrre. Ma ha introdotto qualcosa di più: uno stretto monitoraggio da parte dell’Europa sui progetti e le iniziative resi possibili con le somme a titolo di prestito ed a maggior ragione con risorse a titolo di contributi a fondo perduti ,oltre che sui tempi e le finalità da conseguire.
E forse questa sarà l’occasione buona per far sentire il fiato sul collo alle amministrazioni , istituzioni, e delle aziende private perché non vengano meno agli impegni ed ai programmi.
Sarà la volta buona? Non abbiamo alternative. È l’ultima occasione.
Dopo di questa non ce ne saranno altre. Va anche detto al popolo italiano, ai cittadini, che insieme alle opere occorrerà completare un altro riassetto, quello morale, dei doveri e dei diritti e eliminando tutti i piagnistei, tanti, diffusi e appartenenti in maniera trasversale alla società, perché in essi si annidano i veri ritardi che non solo solo di infrastrutture ma di crescita della società civile
Per favorire una buona ricognizione delle tematiche aggiungo in calce i link al Piano per il Sud, all’elenco dei 460 progetti presentati dai ministeri e il testo delle linee guida per il piano nazionale di ripresa e resilienza da sottoporre alla UE.
Dallo scritto alla realizzazione il passo non sarà nè facile nè breve.