Il dato del giorno: lo spread nel confronto con quello degli altri paesi del mondo

Inserisco nell’allegato qualche informazione in più che dovrebbe far capire  qual’e, con lo spread di oggi, la percezione nostra da parte del mondo che ci guarda nel confronto con tutti gli paesi del sistema finanziario mondiale. Purtroppo non è materia facilmente leggibile e facilmente digeribile. Ho scritto alcuni commenti sulla pagina facebook dell’amico Giovanni Coraggio che riprendo qui sul blog anche per chiarire la ragione della nota:

Primo commento

Questo amico tuo caro Giovanni,ha qualche lacuna conoscitiva legata all’economia , per la quale non si può dire che negli ultimissimi 10 anni si sia fatto tantissimo ( dimenticando da dove si è partiti , cioè dal quasi default del 2011 ) ma per la quale si era costruita una moneta di tipo diverso nei confronti del mercato, ” la fiducia”, per il solo fatto per che, pur con qualche criticità, si era messo, come si dice, il carro in discesa e sulla strada giusta.

Qualcuno se ne ha la competenza può ,andando anche a ritroso in corrispondenza dalle date canoniche e delle scadenze politiche, esaminare gli indicatori mondiali per confrontarli con i nostri; avrà modo di rendersi conto di quale apprezzamento, per serietà e convinzione  degli altri , abbiamo goduto tempo per tempo, godiamo e godremo.

Ed infine non occorre dimenticare che i guai del Sud, quelli a valle del 2002, hanno una paternità e continuano ad averla: la lega. Ma !!!!!! si dimenticavo non era il partito di Salvini ma di un suo onesto progenitore, che insieme ad altra area politica ha affossato il Sud. Non è una boutade. Caro Giovanni fagli tu, che hai una buona memoria e dati, un pò la storia economica dei guai che, ovviamente e naturalmente, non potranno essere  sanati con il reddito di cittadinanza e/o con le altre provvidenze sociali assicurate dalla carta moneta,  dal debito e non dal lavoro.

 

 Secondo commento

Abbiate un po’ di pazienza ed esaminate il report di oggi, messo in calce alla  pagina, relativo all’andamento dello spread nel confronto con l’analogo spread di tutti i paesi del mondo.

Siamo in buona compagnia. E sia ben chiaro lo spread non dipende dall’UE, nè dalla Commissione nè dai paesi amici o nemici.

Chi volesse approfondire la materia non ha che da andare sulla piattaforma relativa e  avendone la visione capire  come esso si forma in ragione dei movimenti finanziari per l’acquisto o la vendita dei titoli dei paesi presenti sulla piattaforma tra cui l’Italia. Purtroppo volenti o nolenti non dipendiamo  solo dall’Ue che pure qualcosa ha il diritto di dire visto che ormai da anni vivacchiamo sotto il suo ombrello che è l’ombrello di tutti ( l’Euro ) ma dipendiamo molto di più dal nostro debito monstre ereditato, per il quale una analisi attenta farebbe emergere tante belle cose della nostra italianità.

un po di grafici sulle cose di casa nostra

manovra

 

 

Considerazioni aggiuntive al pezzo del Corriere del 29 sera sulla Manovra ed il Def .

Il pezzo è riportato in calce.

E’ ben noto che una gran parte del debito pubblico è nelle mani dei non residenti. Oltre 730 miliardi.
Si può pensare senza fare peccato che questi detentori  , banche, fondi, finanziarie ,soggetti privati non di casa nostra abbiano un legittimo motivo per non rinnovare la fiducia all’Italia? Possono spendere sui mercati dove l’affidabilità e la solidità è più alta nonostante le turbolenze che li riguardano? E che debbano chiedere un premio per il rischio con una maggiorazione di rendimenti? La risposta è si.
Per la prima soluzione non debbono andare lontano; basta guardare alla Francia, alla Inghilterra ed alla stessa Spagna che sta uscendo dopo anni di restrizioni dalla crisi. Per la seconda possono anche continuare a pensare all’Italia a certe condizioni; e cioè farsi pagare un premio per il rischio, quello che emerge dalla lettura dello spread.
Cosa significhi tutto ciò è presto detto. Tassi che saliranno e difficoltà nostra nel classare il debito.

Gli italiani dovrebbero ben sapere che la periodicità sistematica delle entrate tributarie e la cassa generata dal collocamento dei titoli di Stato consentono di pagare in primis gli stipendi e le pensioni , poi le altre voci di spesa ed il rinnovo dei titoli in scadenza che nel 2019 saranno circa 200 miliardi di € oltre ai BOT.

In quel fatidico novembre del 2011 che rivoluzionò gli assetti politici, con le dimissioni di Berlusconi e l’ascesa di Monti, la cassa si era ridotta al lumicino. Rischiavamo il default e di non pagare gli stipendi. O meglio c’è stato un momento in cui non eravamo in condizione di far fronte al pagamento degli interessi sul debito e Berlusconi dovette fare le valigie.
Sarebbe molto educativo far vedere agli Italiani le condizioni predisposte su un tableaux  dall’Europa  per aiutare finanziariamente il nostro paese, report rappresentato da un elegante prospetto colorato con tante fincature, simile a quello di Spagna ,Irlanda, Portogallo, Grecia. ( provo a cercarlo ed a postarlo tra gli allegati al pezzo).
Volete gli aiuti ? queste sono le nostre condizioni. Questo il significato sotteso dello stesso.

Questo è la prima considerazione di carattere generale.

Poi c’è quella più strutturale: i rincari del denaro a carico delle casse pubbliche saranno pagati dagli italiani in maniera mediata e poco trasparente attraverso maggiori oneri nei servizi pubblici,  sanità, scuola  welfare, in tutti i settori che non saranno lasciati indenni dalle forbici che devono  pur tagliare da qualche parte per dare ai presunti poveri ed ai fannulloni, come scrive Feltri, un aiuto sociale che non si sa quanto meritato e quanto invece immeritato.

Ed il tutto si rifletterà sulle tasche della collettività nella quale c’è naturalmente anche la fascia degli stessi destinatari delle nuove provvidenze. La provvidenza sarà nota perché decisa per legge e negli importi, le sopravvenienze negative da rincari e minori servizi saranno meno noti e non trasparenti ma peseranno e se peseranno.
Quindi da una mano si dà dall’altra in modalità non chiaramente percepibile si toglie in ragione della partecipazione dei cittadini alla fruizione dei servizi pubblici; e sarà inevitabile.
Chi non ha necessità della sanità pubblica può non accorgersi, chi vi necessita se ne accorgerà e come. D’altro canto alcuni tagli annunziati come le mancate detrazione per i mutui e le spese sanitarie dove andranno a parare? Chi colpiranno ? Categorie ben note.

E poi c’è il dato più serio che speriamo non diventi grave o gravissimo.
Chi legge i nostri bilanci pubblici sa bene che da anni questa iattura del debito pubblico si è trasferita anche sul sistema bancario, finanziario, sul sistema bancario regolamentato che ne ha in pancia un montante significativo diventato sempre più consistente mano a mano che i non residenti e i privati risparmiatori se ne allontanavano.  Draghi nei giorni scorsi  ci ha poi ricordato che esiste anche un altro ordine di sistema definito “nero” , nero perché la regolamentazione ancora non è entrata ad analizzarne tutte le criticità ed a prevedere gli effetti di eventuali contraccolpi sistemici. La disciplina della relativa governance è ancora carente. La visibilità di questo enorme settore non è elevata.

” dopo le pesanti strette normative sulle banche adesso il principale rischio per il sistema finanziario arriva dalla shadow banking” che in Europa vale 42300 miliardi. Ecco i pericoli. Milano Finanza del ….. Una parte dello shadow bankink è stabilmente presente anche nel nostro paese ed è costituito da Società di gestione, da finanziarie che si occupano di non performing loan , raccolta fondi, finanziamenti ed altro.

Vediamo cosa significa il debito pubblico nel sistema non shadow, quello per cosi dire ” bianco” e poi in quello shadow.

Una grossa fetta di debito pubblico, circa 1270 miliardi di €, è nelle mani di Banche, Assicurazioni, Fondi ( quelli di casa nostra). Cosa succederà con l’aumento dello spread? Si determineranno perdite in conto capitale nel nominale del portafogli che secondo le regole, anche se i titoli non vengono liquidati e vengono portati a scadenza, andranno trimestre per trimestre in conto economico: si rifletteranno sul patrimonio e capitale di vigilanza del sistema che avrà bisogno di ricostruire gli assets.

E vale soprattutto per banche ed assicurazioni.

Il tutto , dopo anni di sistemazione e gestione delle criticità delle banche, innesterà una rincorsa al riordino che non potrà non pesare indirettamente sulle imprese quando vanno a chiedere prestiti, sulle famiglie quando vi accedono per la domanda di mutui e  farà diminuire quelle condizioni di tranquillità che si stavano faticosamente rimettendo in piedi dopo i disastri degli ultimi anni a partire dal 2008.

Si capisce, quindi, perché perché l’UE non è ancora riuscita a chiudere la regolamentazione dei rischi del settore e non intenda farlo in maniera flessibile, tollerante e non vuole cedere, arretrare di un passo sulla strada della regolamentazione bancaria.

Questo è uno dei capitoli sui quali, cosi stando le cose, poco si può fare perché su di esso incide la volontà di quasi tutti i paesi dell’Ue , preoccupati dei disastri , ed incidono gli orientamenti della tecnocrazia che ha ben chiara l’esigenza del controllo dei rischi.  L’obiettivo di mettere in sicurezza il perno della economia intorno al quale essa ruota è uno dei pilastri sui quali si lavora con maggiore determinazione soprattutto dopo gli anni dei crash sistemici, cioè dal 2008 in avanti.
Borsa e Banche, volenti e nolenti, e sino a quando non si ovvierà alla attuale modalità di finanziamento del capitale strutturale, patrimonio, e quello corrente di esercizio sono quel perno;  sono le precondizioni per far nascere imprese, sovvenirle e tenerle in piedi.
Le imprese generano lavoro ed occupazione. Generano dati reali.

I salari di carta, al contrario, danno un miraggio transeunte e passeggero ma sono destinati a far crollare il sistema. Abbiamo esempi recenti sotto gli occhi con risvolti drammatici.

A squilibrarlo, ad impedire il funzionamento di quelle semplici modalità date dalle principali regole economiche che si leggevano (speriamo si leggano ancora) sui testi universitari dei primi anni nelle facoltà di legge ed economia e commercio, basta poco: quel poco è dato dalla creazione della moneta di carta e da quella del debito.

La sensibilità politica attuale ( non è insensibilità e neppure incompetenza ma ben altro ) non sembra molto attenta pur di conquistare un consenso elettorale immediato che potrebbe non durare molto.

La verifica sarà data dalle condizioni generali del sistema economico nazionale destinate a peggiorare e a non consentire nel tempo la conservazione degli equilibri ,che, anche se  non del tutto soddisfacenti, sembravano aver assicurato una certa tranquillità ed una faticosa tendenza versa la  crescita del pil in uno al rallentamento degli indicatori negativi.

Il sistema  dello shadow banking, quello non regolamentato dalla legislazione bancaria stretta, potrebbe dare origine ad una minaccia ben più seria di quella  emergente dalle criticità del sistema bancario madre.

Una minaccia che sarà data, ad esempio, dal fatto che tutte le aziende che si sono fatte carico degli npl  ( non performing loan) , scaricandole dalle banche, non riusciranno a fare da supporto al sistema da cui originano e che hanno puntellato.
Su chi si rifletteranno le conseguenze? sul sistema paese, in primis sulle aziende e quindi conseguenzialmente sui livelli occupazionali.

Mi limito solo a questo esempio che è indicativo.

Come si legge dal pezzo di Fubini sul Corriere, ma come si può leggere su tutta la stampa, dovremo tenere nervi ben saldi perché la governance delle instabilità non riguarderà solo i portafogli ed i mercati , i titoli, le azioni che rappresentano la ricchezza degli italiani ( naturalmente alle grosse ricchezze queste situazioni fanno un baffo, alle famiglie ed ai medi risparmiatori fanno un danno enorme ) ma tutto l’insieme delle componenti sociali che costituiscono la rete del welfare al quale siamo abituati, la rete delle solidarietà sistemiche , la rete delle relazioni di imprese che gradualmente verranno riportate, stando cosi le cose, verso lo scenario del 2011 o forse anche verso quello del 2008.

Ancor di più se per disgrazia i capitali, sia quelli di casa nostra che quelli di altre parte, dovessero ritenere che il paese Italia è un rischio anche perché cosi lo ha valutato la famiglia delle società di rating internazionali.

Allego  una nota del sole 24 ore di qualche giorno fa che da il segnale delle avvisaglie già percepite dal sistema delle imprese.
Il processo di svuotamento della ricchezza nazionale sarà articolato e complesso non  sarà percepito nell’immediato ma sarà graduale e gravido nel tempo di conseguenze negative.

Di questo sono ormai consapevoli economisti, opinionisti, studiosi ed anche la stampa che negli ultimi tempi ,dopo la fase dell’innamoramento verso le nuove formazioni politiche, sta facendo in parte il mea culpa.

Ma a chi ha fatto le scelte sulla manovra tutte queste  considerazioni non interessano.

Perchè l’ obiettivo politico non è quello di stare in Europa e stare in pace , non è l’Euro, non è quello di mantenere lo stato sociale che ha consentito uno sviluppo ordinato anche se contrastato; è invece quello di arrivare ad una graduale e succedanea uscita mascherata dall’Europa simil Brexit e utilizzando il grimaldello della presunta lotta alla povertà che è una ragione di altrettanto presunta giustizia sociale che risolve l’immediato ma non pensa al futuro.

La  lotta alla povertà mobilita il consenso dei più, per i numeri che raggiunge con la distribuzione di sussidi, ma introduce  strumenti di politica sociale che sono il contrario della volontà e dello stimolo a lavorare e produrre specie in un momento in cui occorre elevare la produttività, la efficienza del sistema e la competizione con gli altri paesi. 

Non ci resta che monitorare la situazione sociale periodo per periodo attraverso i dati, i confronti macroeconomici, con l’ausilio delle fonti disponibili, tantissime che richiederanno una assiduità ed un’ opera costante ma necessaria. Per fare cosa? per educare.

 

articoli del Correre

cadono le emissioni societarie sole 24 ore

 

 

 

Articolo

Manovra: che cosa succede ora ai nostri risparmi, agli investimenti e al debito pubblico?

Tra bilancio statale e salvadanai dei cittadini, gli effetti delle nuove misure promesse dal governo. In tre anni di deficit al 2,4%, come da programma di governo, ci saranno 100 miliardi di debito pubblico in più sulle spalle degli italiani
di Federico Fubini e Giuditta Marvelli sul Corriere della sera del 29 settembre
1 di 6
Dalle azioni ai depositi, opportunità e pericoli
Non ci piace rischiare, eppure il rischio viene a cercarci. Accanto al nostro debito pubblico da record, c’è una ricchezza finanziaria privata importante (più di 4 mila miliardi di euro) accompagnata storicamente da poca voglia di osare quando si tratta di investirla. Questo, però, non basta ad evitare le tempeste, che possono venire da lontano. O nascere in casa, come accade ora. I risparmi degli italiani, pari a più del doppio del Pil della nazione, sono finiti di nuovo sulle montagne russe. I padri e le madri di famiglia con qualche soldo da parte in questi giorni si domandano quanto dureranno i su e giù e quali effetti possono lasciare. Che ne sarà dei fondi? I soldi sul conto corrente sono sicuri? I Btp ci tradiranno? E le azioni?

Cominciamo dai conti correnti e dai conti di deposito vincolati dove si trova circa un terzo (1500 miliardi) del «tesoro» nazionale. In una giornata come quella di ieri i soldi parcheggiati lì, a rendimenti zero o comunque molto bassi, non hanno subito nessun danno. E i correntisti sanno bene che, anche ipotizzando lo scenario più fosco di una crisi di sistema — che non è certo in vista al momento — fino a 100 mila euro, ogni titolare è garantito dal Fondo interbancario di tutela dei depositi.
L’effetto sugli investimenti di Borsa
Un capitolo diverso riguarda le perdite subite dai piccoli azionisti: diventano reali solo nel momento in cui si vende. Lo scossone di ieri e la tempesta che potrebbe durare un po’ possono passare (e magari non fare danni) se chi ha puntato una parte dei suoi soldi in Borsa può lasciarli stare e aspettare che riguadagnino il valore perduto. O, si spera, anche di più. Nel caso, meno frequente, di chi fa trading online dal salotto di casa, un venerdì di passione può invece essere fonte di guadagni extra: si vende e si compra freneticamente, lucrando su sbalzi e differenze. Inutile dire che bisogna conoscere e padroneggiare i rischi dell’esercizio.
Negli ultimi anni la «sparizione» dei rendimenti ha dirottato una bella fetta dei risparmi su fondi di investimento e strumenti gestiti da professionisti. Una scelta che dovrebbe comportare un impegno di medio-lungo termine e che espone ad un meccanismo simile a quello dei titoli azionari, anche se il prodotto viene etichettato come obbligazionario. Il capitale non è garantito e, spesso, c’è un obiettivo di rendimento che il money manager si impegna a raggiungere. Se la pianificazione è stata fatta bene, un singolo crollo non deve spaventare. Una crisi più lunga, invece, va affrontata insieme a chi vi ha venduto (si spera bene) i fondi.
I prestiti allo Stato italiano
E infine i Btp. Oggi meno del 5% del debito pubblico italiano è posseduto direttamente da privati. Anche se poi ogni famiglia ne ha (indirettamente) se risulta acquirente di una polizza, di un fondo o di uno strumento di previdenza integrativa. Negli ultimi due giorni il prezzo del Btp decennale è sceso del 2%, dal 5 marzo ha perso il 7%. Chi tiene un’obbligazione fino a scadenza riavrà comunque il suo capitale, oltre alle cedole.
Gli ottimisti che comprassero adesso, con le quotazioni ben sotto la pari, potrebbero guadagnare con il ritorno alla normalità in cui, evidentemente, credono. I Btp-people che acquistarono nel mezzo della tempesta del 2011, portando a scadenza le emissioni o tenendole per un certo tempo hanno guadagnato anche il 30-40%. Accadrà qualcosa di simile anche stavolta? Il bello e il brutto dei mercati è che nessuno lo sa. Con buona pace di chi cerca sempre un complotto da sventare.
Un azzardo che costa 100 miliardi in più
Non ci impiccheremo ai decimali», ha detto nei giorni scorsi il presidente del Consiglio Giuseppe Conte. «Se per far stare meglio la nostra gente dovrò ignorare uno zero virgola imposto da Bruxelles, per me quello zero virgola vale meno di zero», aveva annunciato il vicepremier Matteo Salvini della Lega ancora prima di Conte. Né l’uno né l’altro ha mai precisato esattamente a quanto ammontino queste differenze così di dettaglio, per le quali non vale la pena perdere tempo in minuzie. Non l’ha detto neanche l’altro vicepremier Luigi Di Maio, dei 5 Stelle, quando continuava a parlare di «manovra del popolo».
A un rapido calcolo, tuttavia, gli «zero virgola» valgono poco più di cento miliardi di euro: tutto debito pubblico in più da accumulare nei prossimi tre anni a carico dei contribuenti attuali e dei loro figli. Naturalmente ciò avverrebbe solo nello scenario a questo punto più favorevole e forse meno verosimile: quello in cui gli impegni del governo sulle pensioni di vecchiaia da anticipare o sui redditi di cittadinanza non procurino ulteriori sfondamenti dei conti; quello, anche, nel quale il governo riesca in qualche modo a disinnescare gli aumenti dell’Iva da venti miliardi di euro già previsti per il primo gennaio 2020, dopo aver trasformato in deficit quelli da oltre dodici miliardi già fissati sul 2019.
Questo scenario dei cento miliardi di debito pubblico in più in tre anni, relativamente favorevole date le premesse del momento, ha fra le conseguenze il superamento di una soglia da primato. Per la prima volta a ogni lavoratore in Italia corrisponderà una quota di debito dello Stato superiore ai centomila euro: come se a ciascun occupato nel Paese facesse capo un mutuo-casa da pagare ogni mese, senza però che questi abbia la casa.
I calcoli sul maggior debito: 100 miliardi in più in tre anni
Tali dunque sono gli «zero virgola» ai quale Conte non si impiccherà e che per Salvini valgono «zero». Ma come si arriva a queste stime? Il Documento di economia e finanza (Def) presentato dal governo precedente ad aprile scorso prevedeva un deficit che avrebbe teso allo 0,8% del prodotto interno lordo (Pil) l’anno prossimo, per poi scendere verso quota zero nel 2020 e restare poco sopra quel livello l’anno seguente. In tutto i saldi in rosso da finanziare sarebbero stati di circa diciassette miliardi, stimati in euro correnti.
Il governo attuale invece mette in conto che il deficit debba rimanere stabile al 2,4% del Pil l’anno prossimo e restare a quel livello fino al 2021. Si tratta nel complesso di circa 105 miliardi di euro di fabbisogno da finanziare a debito in più rispetto a quello che sarebbe stato prodotto se si fossero rispettati i piani del Def presentato in aprile scorso dal governo di Paolo Gentiloni. Va detto che quest’ultimo, così come quello precedente di Matteo Renzi, ha lasciato un bel po’ polvere nascosta sotto il tappeto di conti pubblici in apparenza in ordine: la convergenza del deficit verso lo zero era prevista solo grazie, appunto, aumenti dell’Iva da dodici miliardi l’anno prossimo e da venti fra due anni.

Ma anche così l’aumento di debito da fare per realizzare i piani dell’attuale governo è notevole. A maggior ragione, perché oggi il deficit del 2019 (senza lo scatto dell’Iva) tende verso il 2% e in teoria resterebbero al più sette miliardi per arrivare al 2,4% e finanziare la controriforma delle pensioni, il reddito di cittadinanza e tutto il resto. La prima può costare almeno otto miliardi il primo anno, senza tener conto nei minori incassi da contributi e gettito Irpef; il sussidio ai poveri almeno altrettanto. Il rischio di sfondamento delle nuove soglie già più elevate è molto evidente.
Finisce così che ognuno dei 23 milioni di occupati che vivono, producono e pagano le tasse in Italia si ritroveranno con più di centomila euro di debito pubblico per ciascuno. Già oggi sono a quota 98 mila, sul totale di uno stock di oltre 2.300 miliardi in titoli di Stato e altri prestiti alla pubblica amministrazione. Ma presto supereranno anche quella soglia: pochi lavoratori attivi sul totale della popolazione, per sostenere un enorme ghiacciaio sospeso sopra le loro teste.

Una storia piccola piccola , ma densa di significato

In occasione della  visita al nostro Club Rotary Castel dell’Ovo del direttore del Museo di Paestum, l’archeologo Zuchtriegel  presente nella conviviale serale per il  premio attribuitogli del “Magna Grecia Fellowship  Rotarian”, mi sono permesso di ricordargli ,accostandomi al suo tavolo, la storia della fiaccola portata da un gruppo di giovani nel corso della manifestazione delle Olimpiadi del 1960 fin sotto il tempio più importante del sito del Parco Archeologico di Paestum: il tempio di Poseidone.

Evento passato nel ricordo, dimenticato, e non noto ai giovani, ma ripreso qualche anno dal giornalista e storico della nostra cittadina Agropoli , Ernesto Apicella, perchè venisse rimesso nel circuito delle informazioni  anche per quanti oggi continuano a praticare lo sport della corsa.

L’editore  Apicella con le immagini, con oltre 50 pubblicazioni al suo attivo, sta ricostruendo la vera storia e la crescita del borgo Cilentano dai primi del 900, borgo al quale mio cognato dedicò la poesia omonima, testo struggente presente nelle pagine di questo blog.

Non è, quindi, un caso che ad Agropoli si svolga una delle più importanti manifestazioni nazionali di maratona alla quale partecipano più di mille atleti ogni anno.

E siccome in maniera un pò autocelebrativa ho ricordato la mia presenza nel cimento del 1960, in quella corsa che mi consenti di consegnare la FIACCOLA al terzultimo tedoforo, Gerardo di Pasquale, che la porse al mio compagno di scuola GAETANO DI NARDO, divenuto poi il professore di educazione fisica di quel nostro splendido Liceo,  ho raccolto dalla rete, nei siti che ne parlano, alcune immagini selezionate per lo scopo a riprova del mio dire.

Quanto avevo detto coram populo nella sala gremita della Conviviale Rotariana del 9 luglio, le cui immagini sono sul sito che curo da circa 10 anni e di cui allego qui di seguito anche il link, poteva aver generato curiosità ed incredulità. Il 1960 è un anno lontano non familiare alle nuove generazioni anche a quelle rotariane.

Su questo Blog ho postato anche il libro annuario della ricorrenza del cinquantenario della istituzione 1944/1994 del Liceo, libro non a caso curata proprio dal mio amico Gaetano Di Nardo il penultimo tedoforo della corsa, finita all’incirca

Una piccola storia di cui vado fiero ed orgoglioso perchè nei miei ricordi c’è l’emozione della fiamma che ardeva, la grande Kermesse serale nei templi e la piccola grande avventura sportiva del Liceo “a nome Dante Alighieri”  che ora non esiste più.

Il liceo è divenuto, infatti, solo una risicata sezione del Liceo Scientifico di nome “Gatto”, contro cui non ho nulla, cioè contro Gatto; la circostanza mi amareggia non poco e  mi fa pubblicamente dichiarare il rincrescimento per quanti hanno consentito lo svilimento di un centro di cultura e di storia della città.

Se andate sul libro Annuario troverete nomi di tanti valenti professionisti che hanno legato il loro nome al paese, ed al territorio, onorandolo, mentre di Gatto e del scientifico forse in futuro potrebbe non essere ricordato alcunchè ( apro una dolorosa parentesi: in occasione di un contatto con il preside del momento per riportare alla luce il libro del mio liceo quel manager scolastico non sapeva di cosa parlassi e forse non sapeva tante altre cose. Mi fermo qui.)

Un oltraggio alla Cultura ed ai valori umanistici, a quei valori ripresi in grande sintesi nel bel libro di Nuccio Ordine ” l’Utilità dell’inutile “, che rappresentano la sconfitta del momento nel contesto di una società che sembra voglia prescinderne e che poi finisce per scoprire durante una storia recente , quella del più importante e capace uomo di azienda e di impresa che sia passato in Italia cioè di Marchionne , che il patrimonio di conoscenza che lo aveva formato affondava negli studi di filosofia.

Non sarà un caso che valori umanistici, sport ( olimpiadi ), musica , letteratura, siano il patrimonio genetico dei popoli che contano e o di quelli che hanno insegnato qualcosa.

In quel libro del mio liceo , ventiquattro anni prima dell’avvento della rete,  e cioè nel 1994, ricordavo a tutti i giovani che le conoscenze tecniche e quelle dell’economia non possono fare a meno dei contenuti dell’uomo sapiens: seguono e non precedono i valori che purtroppo una grande massa di cittadini incolpevolmente e buona parte della intellighentia industriale, colpevolmente, considerano inutili.

link alla visita del direttore Zuchtriegel , musicista , archeologo e tante altre cose insieme buone per il rilancio della cultura, del nostro grande sito di  Paestum

https://www.rotarynapolicasteldellovo.it/media-gallery/?album=179&gallery=188

 

 

Il link alle immagini della FIACCOLA e della storia piccola piccola

 

la fiaccola

Sempre in tema di tasse e di pensioni

Ho ripreso un pezzo scritto nel 2014 quando in una altra fase temporale  ( anno 2014) si accese il dibattito sul tema del retributivo e contributivo, tema sul quale poco sanno tutti gli italiani e che potrebbero, volendo, approfondire vista la imponente e storica documentazione che si può studiare sul sito sotto segnato ; e, vista la imponente massa di dati messa a disposizione dall’Osservatorio curato da un tal Brambilla, non uno qualunque, ma uno studioso della materia già a capo di un gruppo che per il passato esercitava il controllo per conto del Ministero competente, sino a quando è stata in piedi la funzione poi chiusa non si sa perché, non sarebbe male che anche gli opinionisti e la stampa seria ne facessero un uso serio per separare loglio dal grano. Cioè le tentazioni populistiche in materia dal rispetto di diritti di civiltà basati sulla certezze che devono accompagnare quanti nella vita hanno lavorato con impegno e responsabilità ed osservanza dei doveri civici consapevoli del ruolo ma anche del futuro che li avrebbe accompagnati nell’età della quiescenza.

Brambilla per non essere uno qualunque oggi, guarda caso,  ha anche la fortuna di essere un membro del Parlamento assiso nella maggioranza di governo;  continua ad essere Presidente del citato Centro Studi e Ricerche Itinerari Previdenziali le cui pubblicazioni di anno in anno ho saccheggiato per i miei approfondimenti, perché in un momento della vita lavorativa mi sono imbattuto sulle tematiche previdenziali sia quale responsabile di Bilanci tosti in aziende, in aziende complesse con il problema dei fondi di previdenza e con le esigenze di riequilibrio , ed anche quale capo funzionale di tutta la disciplina operativa del trattamento retributivo e previdenziale dei dipendenti in servizio ed in quiescenza della mia azienda. Quella gestionale e di governance era in capo al servizio personale.

Qualcosa come 18mila teste tra dipendenti in servizio e in quiescenza.

E non in una azienda, ma in ben tre aziende che gli amici faranno presto ad individuare.

Non ho quindi solo annusato l’argomento, ma per ragioni di ruolo l’ho dovuto sceverare e ne ho dovuto guardare tutti gli aspetti persino quelli di confronto e parallelismo tra il sistema retributivo e quello contributivo.

In uno degli studi del Brambilla c’è una seria discussione sul parallelismo ai fini dell’equilibrio dei rendimenti basati nell’uno sulla aliquota del 2% in ragione dei quarantanni di lavoro e nell’altro sull’indice di rivalutazione dei contributi versati che sono soggetti come è noto alle variabili dei tassi di rendimento rapportati alla dinamica della inflazione.

E siccome negli ultimi anni, diciamo negli ultimi 15 anni, ci sono stati fenomeni imponderabili ed incontrollabili, sotto tutti i punti di vista, ne è derivato in conseguenza uno squilibrio difficilmente governabile soprattutto perché come è noto, pantalone, e cioè lo Stato e cioè l’Inps, è l’unico pilastro in un paese strano.

Paese che ha una ricchezza privata additata da tutti i paesi d’Europa e non europei non come una risorsa ordinaria frutto di un sistema altamente produttivo ed efficiente ma  in gran parte figlia di anomalie di sistema ( evasioni, corruzioni ,rendite etc etc ) , e di converso ha un sistema pensionistico ad una sola gamba che si regge su principi generali di Welfare, quelli dello stato, perché quella privata, l’altra faccia del problema, è miserevolmente tra le ultime in termini di risorse su cui contare.

Si c’è tanta ricchezza privata ma solo un piccolo pezzo di quegli 8500 miliardi che riguardano gli asset della stessa,  e cioè circa 120/130 miliardi, costituisce la seconda gamba finalizzata alla previdenza.

All’incirca 120/130 miliardi dei fondi privati che non riescono a decollare.

In altro momento metterò a disposizione dei lettori su questo Blog tutti i dati dei paesi dell’OCSE e dei diversi sistemi.

Ritornando allo scritto  del 2014, qui allegato in pdf , l’ho in parte rivisto per attualizzarlo; continuo a condividerne, nonostante tutto l’impianto basato su due principi fondativi: un riequilibrio delle esigenze finanziarie dello Stato non può non passare per la strada da anni indicata da FMI, OCSE, Banca di Italia e cioè da una tassazione aggiuntiva, anche straordinaria, sui patrimoni allineata a quella degli altri paesi Europei che immetta risorse per tentare di incidere sul debito pubblico in maniera seria e determinata.

E non può soprattutto non passare poi per l’unica via maestra, cioè per  quella della lotta alla evasione.

Le altre soluzioni, tra cui quelle della strada delle pensioni pure da riordinare pro futuro, vanno a sollevare problematiche che scavano su un terreno minato fatto dalle tante anomalie che si sono stratificate in un passato in cui la governance pubblica ha fatto sconquassi che il pezzo prova a segnalare in maniera semplicistica ma che possono essere approfondite con la lettura di tutti i documenti disponibili sul sito richiamato.

Mi rendo conto di essermi dilungato ma forse vale la pena di leggere il pezzo qui allegato scritto nel 2014, nel mese di ottobre quando si discettava sul terzo intervento relativo al contributo di solidarietà.

 

http://www.itinerariprevidenziali.it/site/home/centro-studi.html

il tema delle pensioni d’oro.docx versione data 29 giugno 2018

I sondaggi e le considerazioni sui fatti e sui dati.

 

I sondaggi e le considerazioni sui fatti e sui dati.

A margine di un sondaggio sull’Euro apparso sul sole 24 ore del………….. ho scritto in nota più o meno così.

“Purtroppo molti sondaggi sono fatti sull’acqua calda; sono il frutto delle suggestioni e dei racconti nazionalpopolari che tendono ad esportare le colpe.Tempo fa il vostro giornale (il sole 24 ore) ha ospitato un servizio (ora è diventato addirittura un dossier) e raccolto opinioni sulla base degli stimoli venuti da un “sapiente professore universitario” che stimavo ma di cui ora ho una considerazione non tanto elevata.

A valle di quell’inchiesta giornalistica sul giornale è, ora, a disposizione di tutti un ricco dossier (Vedi link http://www.ilsole24ore.com/dossier/commenti-e-idee/2017/alla-luce-del-sole/index.shtml?refresh_ce=1 ) fatto dagli interventi di tanti opinionisti e di tanti economisti che hanno sostanzialmente contraddetto l’idea originaria ed originale del “sapiente professore universitario” sulla discutibile ineluttabilità dell’Euro.

Nella nota di commento all’interno del giornale scrivevo:

“Mi chiedo perchè un giornale come il vostro non riesce a riprendere le conclusioni dell’inchiesta/servizio condotta dal sapiente professore ed a trasferirle alla massa non dei soli lettori ma di buona parte degli italiani per far capire loro che i nostri mali non dipendono dall’Euro ma dalle buone abitudini dei cittadini: una per tutte la arcinota e bella consuetudine, da anni radicata, di non pagare le tasse dovute”.E’ questa uno dei sette vizi capitali, incompatibile con l’Euro, del libro di Cotarelli, il primo in ordine di importanza ad alto valore simbolico indiscusso, naturalmente al ribasso, di natura economico / sociale.

Nella ipotesi di contratto che il governo attuale vuole realizzare il recupero delle tasse sembra debba dipendere solo dalla condizione di far pagare meno a tutti Anche per quelli che ora pagano molto meno del dovuto.

L’economista Leonardo Bocchetti vicino all’area del governo (più vicino a quella delle 5 stelle), in una intervista rilasciata al quotidiano napoletano “il Mattino”, dice: io non sono contrario a priori alla flat tax ma temo sarà una occasione persa perchè accanto al sacrosanto principio di pagare meno per far pagare a tutti non si guarda ad un piano per annientare l’evasione fiscale.” Si può senz’altro aggiungere, non c’è n’è traccia.

Chi  per tutta la vita ha “dovuto” pagare tutto e per tutti, anche per tutti quelli che il giornalista in un famoso libro sul tema definì ” ladri “, non di tasse, ma di tutte le risorse per i servizi che lo Stato mette a disposizione di quei cittadini, ha di che lamentarsi per la ingiustizia subita ; c’è chi per una intera vita non solo non ha versato le tasse dovute ma conseguenzialmente non ha versato neppure un’euro di contributi  per le pensioni, anche per quelle minime su cui oggi conta.

Insomma buona parte degli italiani non ha mai contribuito allo Stato sociale, al Welfare, di cui, però, ha goduto e gode a piene mani: scuola, sanità, welfare, servizi etc etc, naturalmente pagato dagli altri.

Naturalmente i governi di turno si guardano bene dall’affrontare il vero problema ed in questo non danno proprio la sensazione di essere doscontinui, condizione che è la discriminante rispetto a quelli del passato.

Questa è una delle verità: una delle sette verità, la prima, che Cottarelli ha elencato nel suo libro dal titolo: “i sette peccati capitali dell’economia italiana”, che gli italiani naturalmente non leggeranno e che preferiscono non approfondire.

Gli altri sei sono: a) corruzione b) eccesso di burocrazia c) lentezza della giustizia d) crollo demografico d) divario tra Nord e Sud e) difficoltà a convivere con l’Euro.

Mi auguro tanto che la nuova compagine governativa anche se non lo ha detto e programmato possa invece lavorare bene perchè ci deve provare; i driver del buon governo sono altri e sono ben noti, non sono proprio a portata di mano perché daranno fastidio a tanti.

Per segnare una sostanziale differenza con il passato i nuovi politici devono, pertanto, cominciare dal recupero delle tasse che rappresentano il buco profondissimo del bilancio dello Stato mai colmato;  la vera preoccupazione per chi non lo ha fatto e ci ha provato poco era data dalla trasversalità della criticità che riguarda tante categorie diverse da quelle dei percettori di reddito fisso: cioè dipendenti e pensionati. Avrebbe inciso pesantemente sul consenso elettorale.

Le indicazioni di Cottarelli sono, poi, anche quelle di provenienza OCSE e FMI che hanno pubblicato fior di documenti e analisi sullo stato dell’economia nazionale ed in particolare delle tasse.

E una montagna alta da scalare ma che è anche l’unica condizione che fa pendant con il debito pubblico,  come dice un amico del nuovo Governo, il Prof Paolo Savona.

Molto risparmio privato, difatti, è l’altra faccia del debito pubblico; se veramente quel risparmio privato sottratto con l’evasione avesse una destinazione concreta potrebbe anche compensare in parte il mal “torto”. Cioè la ingiustizia.

Ma forse non è cosi.

Ma le parole sono come vento che soffia e che non si ferma; forse è meglio parlare con i numeri anche se la logica ferrea dei numeri non è comprensibile per platee larghe, quelle che in definitiva danno i voti e finiscono per orientare la politica.

Quante tasse si pagano In Italia ? Nel 2016, degli 807 miliardi entrati nelle casse dello stato ,731 miliardi sono da tasse e contributi, pari al 42,3% del Pil. Dei 731 miliardi 226 sono da contributi, 190 da reddito Irpef e 105 da Iva. Con questi ricavi globali si fa il bilancio dello stato.

Naturalmente tutti i percettori di reddito fisso, dipendenti e pensionati, non possono sfuggire né alle tasse né agli oneri contributivi.

Poi c’è una Ires, reddito di imprese che vale 30 miliardi, e una IRAP, mentre i restanti 150 miliardi derivano da una miriade larga di accise che può essere letta trimestralmente sulla pubblicazione edita dal Ministero delle finanze e Agenzia delle entrate sulle tendenze mensile delle riscossioni, quelle che danno la cassa e finanziano mensilmente le spese.

Quale è la percentuale di imposizione fiscale? mediamente è intorno al 42% tutto compreso, cioè comprensiva anche delle tasse indirette. Media Ocse 35%, Regno unito al 34%,Spagna al 37%, Germania al 40,5% etc ( pagina 14 del libro di Cotarelli ).

Una misura che è di certo pesante, inferiore a quella di sei, sette, stati dell’Unione compreso la Francia che è invece al 48%, ma che è da rapportare agli oneri che lo Stato deve poter sostenere per erogare ai cittadini una pacchetto di obblighi che va sotto il nome di Welfare.

Quanto si evade in Italia? Tantissimo. Il Ministero delle Finanze da qualche anno produce una relazione che viene presentata alle Camere con la quale e attraverso la quale tutti sanno, cosi come tutti sanno che sinora le iniziative di contrasto sono state ad efficacia ridotta, dell’esistenza della voragine che ha una natura trasversale ed è a largo impatto sul consenso popolare. ( vedi allegato sul tax Gap conetnuto in un volume di analisi di ben 213 pagine qui pure allegato per i lettori volenterosi)

Agenzia dell’entrate, Istat e Banca di Italia hanno tirato fuori un dato, molto cautelativo, di 111 miliardi. Ci sono nel documento le percentuali riferite ad ogni famiglia tipologica di contribuenti. Se tutte le tasse venissero pagate avremmo di anno in anno un surplus del 5% sul Pil.

E se l’evasione fosse stata, dal 1980 , inferiore di solo un punto percentuale di Pil  il nostro debito pubblico, a parità di spese, oggi sarebbe pari al 70/75 del Pil. E naturalmente avremmo un risparmio privato più contenuto ( vedi allegat sul risparmio privato fonte Banca d’Italia anno 2015 )

E  se poi tutte le tasse fossero state correttamente pagate anche il carico fiscale si sarebbe potuto ridimensionare dinanzi ad una insistente doglianza dei contribuenti più tartassati.

Ma negli altri paesi non si evade? Si, ma non quanto in Italia. Uno studio di consulenza Internazionale Murphy ha stimato l’evasione intorno ai 180 miliardi. E come si evade ? in tutte le Regioni non allo stesso modo e con maggiore o minore incidenza nelle voci fiscali per Iva e Irpef. Ma questo è un altro capitolo da esplorare in seguito.

E poi c’è anche dell’altro. C’è anche una economia sommersa che fa capo alle attività criminali e mafiose che non si traducono in imprese che fanno parte del sistema economico , ma di un sistema economico sommerso i cui dati non solo non appaiono ma che danno luogo a transazioni in nero favorite dal passaggio di denaro contante non tracciato nè tracciabile.

Naturalmente tutte queste criticità del bel paese sono ben note al FMI, all’OCSE, alla BCE, a tutti gli organismi economici internazionali alla Commissione Europea e certamente non favoriscono una lettura della Italia benevola.

Di certo questi fenomeni non solo italiani, appartengono anche agli altri paesi; quel che ci differenzia è il peso e la misura che sono ben lontani dai grading  degli altri nelle rispettive graduatorie note a tutti perchè pubbliche.

E non aver provato a fare molto da’ la conferma di un paese che preferisce soluzioni indolori a spese degli altri.

la ricchezza delle famiglie italiane al 2015 fonte Banca d’Italia

Relazione-evasione-fiscale-e-contributiva       TABELLA 1 tax gap

Per una lettura approfondita sul come, sul chi, sul quando e sul quanto segnalo il libro del 2014 editore Bompiani di Stefano Liviadotti ” LADRI, gli evasori ed i politici che li proteggono”

 

 

 

perchè riprendere a scrivere

Ho deciso che non si può abbandonare un percorso avviato, una idea che mi arrovella da sempre.

Come fare per trasferire agli altri le sensazioni, le riflessioni, le argomentazioni, le conclusioni alle quali di giorno in giorno arrivi attraverso tutte le antenne della vista, dell’udito, dell’intelletto, della ragione antenne con le quali sei alla ricerca di strade di buon senso che vorresti appartenessero alla società nella quale vivi, di cui sei parte. Società che vorresti migliorare,  ma di cui cerchi di apprezzare il buono che vedi e le tante pregevoli iniziative di cui sei quotidiamente testimone.

E se doveva essere questa la giornata per riprendere , perchè costretto dalla scadenza del dominio per il quale ho ricevuto l’avviso per il rinnovo, dico si è stata quella giusta. Ed è stata quella giusta perchè è coincisa con l’acquisto dell’ennesimo libro: un libricino sull’Europa che mi ha fatto riflettere e che mi ha indotto a pensare sul fatto che non posso disperdere un patrimonio di informazioni intorno al quale ho lavorato da anni sempre con l’idea di poterne fare un uso più che normale. Cioè metterlo a disposizione degli altri. Ma non lo fanno già i media , i giornali, le televisioni. Non è proprio cosi. Perchè chi non appartiene al mondo strumentale della comunicazione e lo fa per diletto e per studio e o per passione può riuscire a rendere spontanea la comprensione dei dati e degli eventi.

Ed è cosi che si può riusciere a contribuire ad aiutare la società.

Da domani penso di ripopolare il Blog e di non farlo cadere nel dimenticatoio

Napoli li 17 giugno 2018

 

Il debito pubblico nel mondo e quello italiano.

Qualche nota sul Debito Pubblico di tutti ma soprattutto sul nostro.

I numeri dell’allegato ( esame del debito nel mondo ) sono il risultato dell’indagine  sul debito nel Mondo, in Europa e in Italia,  dell’Istituto for International Finance,  letti e ripresi da Milano Finanza. C’è un approfondimento sul debito pubblico nostro che, come è noto,  dopo quello americano e cinese è  il terzo debito del Mondo, con una particolarità: il cinese è solo per il 6,3% nelle mani di terzi, mentre quello americano è per il 23% nelle mani terze ma soprattutto nelle mani della Cina. Il nostro, invece, è nelle mani dei fondi di terze parti per il 32% circa. Il resto, quasi il 70%, è nelle mani interne; poco nelle mani dei risparmiatori privati  , molto nelle mani di banche,assicurazioni e dei fondi di previdenza privati. Questo gli italiani lo sanno?  Cosa significherà  in termini di bilancio in caso di aumento dei tassi ? è  meglio non dirlo e non farlo sapere in giro.

A giugno è di 2281. Ha prodotto oneri per interessi pari al 41,9% del pil nei 10 anni -dal 2007 al 2017 -( 660 miliardi con una media di 66 miliardi all’anno ) più del doppio della Germania che è al 20,7% , della Francia al 21,9%, della GranBretagna che è al 23,2%. Sono state destinate agli interessi  risorse pari al 14,1%  del saldo primario, contro il 12% della Germania, Francia, Usasa e Regno Unito che in ogni caso hanno avuto un saldo primario negativo. 

Nel 2018 occorrerà collocare 236 miliardi ( nell’anno 2017 sono stati 163 miliardi ). Nei prossimi cinque anni mille miliardi.

Un rialzo dei tassi si ripercuoterebbe come una bomba, innescata da una miccia esplosiva, sui nostri interessi che hanno avuto la dinamica di cui sopra di 66 miliardi di media all’anno. [1]

Riprendo il passo dal giornale finanziario: “Andreotti diceva che a furia di voltar pagina il libro finisce “.

Infatti prima o poi tutto finisce, la pazienza degli investitori stranieri che hanno in mani loro 717 miliardi circa di titoli di stato ed il QE , anch’esso destinato a finire. D’altro canto che in Europa ci sia una preoccupazione infinita per il nostro debito pubblico è indubitato e che ci sia una azione concentrica degli Eurocrati lo è altrettanto. Per l’instabilità politica e l’incertezza  delle elezioni 2018 è altrettanto indubbio cbe essa sia ancora più forte.

I segnali ? La Vigilanza della BCE  sulle banche diventa sempre più stringente, il programma di valorizzazione dei titoli di Stato nei bilanci delle istituzioni finanziarie tutte, che è il nostro caso, è sempre dietro l’angolo, il progetto sulla gestione degli NPL della francese Nouy capo del supervisory bord della Bce che per il momento è solo slittato, gli interventi continui del Vice presidente della Commissione Europea sul nostro bilancio  che turbano i pensieri di Padoan e poi il non più tanto nascosto indirizzo ed assedio di Eurotower con il previo bail- in sui depositi delle banche da bloccare in fase cautelativa danno l’idea della manovra che interessa per lo più su tutte le tematiche il nostro paese.

Qualcuno dirà ? ma solo di questo si devono preoccupare in Europa e non di altro ? cioè non della virata a destra degli orientamenti politici che minaccia proprio l’Europa? Certo anche di questo: ma solo nel tempo.

Ora la scadenza più vicina è data dalle elezioni del 2018.

Ma di tutto questo gli Italiani, quelli del più 35/40% che non vanno a votare, non si debbono preoccupare?

Dell’Italia non si preoccupano e sembra che la nave non sia loro.

Prendo a prestito un passo di Piero Calamandrei,  che penso tutti conoscano, del libro lo “Stato Siamo Noi “.“ La politica è una brutta cosa” si dice “ che me ne importa della politica” : quando sento fare questo discorso, egli scrive , mi viene in mente quella vecchia storiella che qualcuno conoscerà di quei due emigranti , due contadini che traversavano l’oceano su un piroscafo traballante. Uno di questi contadini dormiva nella stiva e l’altro stava sul ponte e si accorgeva che c’era una burrasca con delle onde altissime Il piroscafo oscillava. Ed allora il contadino impaurito domanda al marinaio:ma siamo in pericolo? E questo dice: se continua questo mare il bastimento fra mezz’ora affonda. Allora lui corre nella stiva a svegliare il compagno e dice : Beppe, Beppe, Beppe se continua questo mare il bastimento affonda. L’altro gli risponde: che me ne importa tanto il bastimento non è mio. Questa è l’indifferenza alla politica.

 Se affonda, affonda non solo per i proprietari, ma anche per tutti i trasportati.

 

 

[1] C’è  un altro pezzo sul blog dedicato alla formazione del debito pubblico, il primo scritto in occasione dell’avvio del blog.

 esame del debito nel mondo

la memoria corta degli italiani

Di tanto in tanto vale la pena di ricordare un pò di dati , di occasioni, di eventi che non mi pare siano un punto forte non tanto degli uomini comuni ma soprattutto dei politici; di quelli che raccontano la storia a modo loro, di quelli che vogliono far passare idee che non corrispondono ai fatti rimestando e facendo cosi una violenza soprattutto al buon senso ed alla credulità della brava gente che tante notizie non ha e che non dispone di tanta cultura specifica per capire. Ma quel che è strano, ma tanto strano non è , è il silenzio di chi dovrebbe contraddire perchè pagato proprio per fare questo e non dico proprio contraddire ma almeno fare chiarezza.

E dopo aver ascoltato ieri alcune considerazioni sull’Euro mi son detto che forse valeva la pena di recuperare un po di dati e di notizie per offrirle alla lettura dei cittadini

.La memoria corta deglli italiani

La memoria corta degli italiani.

 

Ho inserito nel report che si apre cliccando sul titolo  ( La memoria corta deglli italiani  ) qualche dato che ricorda le ragioni per le quali dopo anni di ECU, di SME, di bande di oscillazione fu inevitabile la Unione Monetaria come prima tappa della nuova Europa immaginata da Altieri Spinelli.

Era certamente la prima tappa; quella che doveva spingere verso le altre superando gli egoismi delle diverse realtà nella consapevolezza che solo un assetto armonico ed ordinato potesse nel tempo sostenere l’architrave tecnica affidata alla Moneta.

Questi alcuni degli eventi economici e politici che precedettero l’introduzione della moneta euro.

Nel 1993 a seguito di turbolenze monetarie nello Sme i ministri delle finanze e i presidenti delle banche centrali decidono di ampliare la banda di oscillazione a più e meno 15.%  rispetto all’ECU.

Nel 1994 ha inizio lo stadio due dell’UME. Viene istituito l’Istituto monetario europeo IME precursore della Banca centrale. All’inizio del 1997 lime presente.

Nei giorni 16 17 giugno del 1997 si svolge ad Amsterdam il vertice degli ’11 capi di Stato e di governo per definire le regole del patto di stabilità che sono quelle riprese dal trattato di Maastricht del 1991.

Solo per dovere di cronaca andrebbe ricordato che l’obiettivo temporale della data fissata per i primi anni del nuovo millennio sembrava azzardata.

Molti paesi erano bel lontani dalle soglie dei valori del trattato di Maastricht, ma rinviare sarebbe stato pregiudizievole; cosi come va anche ricordato che l’opinione pubblica di diversi paesi tra cui Germania Austria e Regno unito, Danimarca, Svezia, Irlanda era scettica se non addirittura contraria al progetto dell’unione.

In particolare in Germania l’euro non godeva di grande fiducia in ragione del fatto che l’unione comportava la rinuncia al marco moneta di grande Stabilità vista dal popolo come un simbolo di prosperità e ricostruzione.

Più del 50% dei tedeschi intervistati riteneva che l’euro avrebbe portato ad una maggiore inflazione.

La data del 1 gennaio 99 viene messa spesso in discussione ; gli argomenti principali erano quelli connessi ai criteri di convergenza considerati troppo severi. Un limitato numero di partecipanti non avrebbe tratto benefici economici dal rivivo e tra questi in particolare la Germania.

D’altro canto ,però, veniva spesso ricordato che l’unione monetaria sarebbe stata in grado di generare effetti benefici per quanto attiene il completamento del mercato unico ed avrebbe sicuramente attratto paesi per le opportunità indotte dai nuovi rapporti.

Infine protrarre ulteriormente la fase di decisione avrebbe determinato una fuga di capitali dai paesi più deboli verso i paesi più attrattivi. Noi eravamo naturalmente nel cerchio dei paesi deboli.

Si valutava poi che l’ingresso nell’UME avrebbe indotto alcuni paesi leggeri nelle gestioni della politica di bilancio a serrare le fila , per rientrare in modelli di maggiore stabilità.

Come si capiva fin dall’inizio i punti deboli del processo UME erano rappresentati dai criteri di convergenza riguardanti i deficit di bilancio e il debito pubblico dei singoli paesi; la stessa Francia e Germania avevano valori superiori nel rapporto deficit Pil ,la Francia il 4,09 e la Germania 3,8

Nel 1996 la Francia aveva il rapporto debito Pil pari al 56% la Germania a 60,7%

Per capire quale fosse il grado di criticità nel quale versava il bel paese è apparso utile recuperare i grafici dell’economia disponibili alla data del 30 settembre 96, grafici ripresi da alcuni istituti finanziari , Morgan Stanley, Deutsche Bank;  grafici ed istogrammi leggendo i quali si capisce come tanti luoghi comuni e tanti racconti favolistici utilizzati spesso e in maniera ricorrente dalla politica del “contro” siano veramente commendevoli e non veritieri se non addirittura falsi e capaci di indurre a giudizi di disvalore inopportuni.

Andrebbe spiegato al popolo, se avesse la buona sensibilità e disponibiltà  ( c’è almeno un 40  % stando ai sondaggi , tra grillini e leghisti che non sentono da un orecchio ), che stenta a capire che in quella fase la medicina per l’Italia non poteva non arrivare da vincoli esterni; una volta assunta ci avrebbe impedito di continuare nelle politiche di aggiustamento episodico e non strutturale, mentre, una volta definito il rapporto lira euro, si sarebbe potuto contare su tassi molto più contenuti visto che quelli degli anni precedenti avevano già determinato forti dissesti della finanza pubblica a cagione di un debito pubblico che si aggirava sui mille miliardi di dollari.

Anche la favola sentita ieri sera in televisione del cambio non rapportato al valore della lira, cambio che ha determinato l’impoverimento della classe media , non risponde al vero non tanto per le conseguenze e gli effetti sul potere d’acquisto interno , quanto sul dato all’ epoca esistente: al 5 giugno del 1997 il valore di mercato rispetto all’ECU era di 1915.69, a fronte di una media di 2025 negli anni 95/96.

La parità centrale dello Sme era fissata in 1906,48 ed il tasso di mercato a fine 1996 era stato di 1.896,38.

Noi abbiamo ottenuto in sede di definizione della parità lira /euro 1936,26.

Senza andare in commenti di carattere socio e economico e politico sullo situazione italiana che già nel 1992 aveva subito le conseguenze della rovinosa svalutazione della lira del 30% circa e ad altre vicende che per ragioni di sintesi si omettono, tra cui i dissesti connessi alle indagini giudiziarie di mani pulite con la liquefazione di quasi tutti i partiti, è molto meglio far parlare i numeri ed i grafici delle slide che si aprono cliccando sul titolo che contiene in parte anche lo scritto.

Queste le note a latere dei  grafici e degli istogrammi che aprirete con il click sul link di cui copra

1)Il dato assolutamente insignificante del nostro mercato azionario rispetto al PI

  1. Il tasso di cambio lira Ecu del mercato già ci vedeva vicino alla soglia di 2000 lire rispetto all’ECU
  2. L’Italia veniva da una curva di tassi che pesava sui conti pubblici in maniera drammatica, nel 93 tassi del 14% , nel 1995 tassi del 14% e nel 1997 tassi dell’8%. Cioè tassi quasi prossimi a soglie da default
  3. Nei differenziali di rendimenti dei titoli di Stato solo Spagna e Portogallo esprimono dati uguali ai nostri.
  4. Ed i rating del bel paese la dicono lunga sull’apprezzamento dei nostri indicatori.
  5. Il debito pubblico è già vicino ai mille miliardi di dollari se si pensa che solo i titoli del debito pubblico in circolazione è pari a 859 miliardi di $.
  6. Solo con il rientro nella SME e con l’impiego del paniere dell’ECU il tasso di inflazione si è portato al 4%.
  7. Il debito pubblico è già al 120% del pil , mentre il saldo di bilancio è a più del 4% secondo solo a quello della Spagna.
  8. La falcidia dell’inflazione che ci narra di un valore al 15 % nell’84 , solo con lo Sme e l’ECU si porta su misure più contenute che vanno dal 10% dell’86 al 4% del 96.
  9. L’talia è ad un meno 25% rispetto al marco nel 1992, anno del crash.
  10. Nel 1995 paga tassi di interesse del 13%, vicini a quelli del Portagallo e Spagna molto più cari di quelli degli altri paesi.
  11. Questo il report del debito pubblico del 1996 /1997 cioè di soli 10 punti in meno rispetto a quello di oggi.
  12. La Pubblica amministrazione nei precedenti anni , a partire dal aveva già costruito un debito pubblico monstre , secondo solo a quello del Belgio e della Grecia.

La Bufala sostenuta spesso nei talk show e sulla rete da parte dei politici avversi all’EURO, sul tasso di cambio , sull’Unione Monetaria non trova sempre interlocutori attenti, capaci e consapevoli ai quali non si chiede loro di esprimere un parere, una opinione, un giudizio sul sistema monetario europeo, che potrebbe essere anche diverso e non favorevole , ma solo di raccontare i dati di cui sopra, cioè la storia ; dati per i quali andrebbero spiegate ai telespettatori le conseguenze disastrose alle quali il sistema  Italia si andava esponendo e preparando.  E forse anche indicare se c’erano altre soluzioni. Il default sicuramente era alle porte e non entrare nella moneta avrebbe significato  l’isolazionismo ed il resto.

La moneta e l’Unione Europea hanno decisamente contrastato, bilanciato molte di quelle discrasie sorreggendo i paesi meno forti e deboli con la soluzione strutturale, quella della moneta, portandoli per mano  ma anche con tanti altri provvedimenti economici e politiche che non possono essere commentati in questa sede.

Varrebbe la pena di riprendere il dibattito costruito sul sole 24 da un Opinionista Economico e studioso Zingales e rileggere le conclusioni alle quali sono arrivati non pochi economisti.

Se trovo un dossier o un link lo aggiungo al pezzo per una integrazione con il testo.

 

 

 

 

Un omaggio a Ventriglia

 

VENTRIGLIA Volume_ventriglia_ebook

Un gruppo di amici e di estimatori nel ricordo di un personaggio illustre hanno provato a riassumere nel libro editato per l’occasione il valore dell’uomo di finanza e dello stratega delle idee per il Sud.

Inserisco qui di seguito anche il pezzo non ridotto del mio testo che per esigenze di stampa venne privato delle note e delle immagini, in particolare di quella che rappresentava la nuova rete di telecomunicazione della banca portatrice di tante funzioni e caratteristiche fortemente innovative per quel tempo antesignana della madre di tutte le reti: Internet.

nel ventennio che e seguito testo finale del 15 mattina copia (1)b